
Dei secondi, due su tre
indossano la mascherina. Una percentuale non troppo dissimile dai caucasici, che
poi saremmo noi. Fino a un paio di settimane fa, noi, i caucasici, a differenza degli extracomunitari di colore mandavamo in giro dei rappresentati, come in quei film dove i soldati nordisti inviano in avanscoperta la vedetta indiana, sente l’arrivo dei nemici posando l’orecchio
sulla prateria. Le nostre vedette indiane erano i matti e i tossici e gente col cane come me, c'eravamo in giro solamente noi ed extracomunitari di colore. Il virus cinese era il nemico.
Nel film che abbiamo in testa pare però che la guerra sia ormai terminata. Siamo tornati a riversarci nelle
strade, a ingolfare i parchi pubblici, liberi tutti. Tutti tranne i
cinesi. Dunque un cinese ogni 10.000 extracomunitari di colore ma anche ogni
10.000 caucasici, non abbiamo più bisogno di vedette. La mascherina un optional indossato con disinvoltura, come la giacca di velluto a coste del veterinario che si beve un amaro dopo aver salvato la puledra.
Il rapporto cambia se
parliamo di ciclisti. Gli extracomunitari, su biciclette riassemblate in stile Lego, continuano a indossare
la mascherina nella misura dei pedoni, mentre per i caucasici va introdotta
una variabile ulteriore. Ciclisti in abiti civili e ciclisti in abbigliamento tecnico, le braghette rinforzate in
zona prostata e il cappellino Salvarani. Nel primo caso mascherine nella media, magari col naso fuori, ecco, quando nel secondo la percentuale crolla. Arriverei a dire che nessun ciclista vestito da ciclista indossa la mascherina, per loro la guerra non è mai stata dichiarata.
Ne ricavo che la probabilità
di imbattermi in un ciclista cinese con cappellino Salvarani e imbottitura anti prostatite e senza mascherina, è pari a quella che la terra, nelle prossime ore, venga invasa dagli abitanti di Alfa Centauri. Eventualità che per
altro non escludo.
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