domenica 17 maggio 2020

Sia chiaro!


Sia chiaro, sia messo agli atti, beninteso… Ho notato che sono sempre più frequenti gli interventi che utilizzano formule di questo tipo. Dove, al Parlamento? No, sui social network.
Se ci facciamo caso, quel senso di imbarazzo, quasi di riso trattenuto che ricaviamo leggendo locuzioni del genere sul web, nasce dal fatto che è proprio dai consessi pubblici e deliberativi (Parlamento ma anche tribunali, assemblee, comizi) che viene ricalcato il tono. Come se, nella logosfera di internet, le parole fossero più potenti della spada, incidendo sulla carne viva del reale. Ovviamente non è così, ma è bello illudersi, ci sono cascato anch'io, che quel che scriviamo non siano solo flautus vocis, destinate a tramontare nel giro di una manciata di minuti.
Gli studiosi del linguaggio individuano una dimensione formale in ogni atto linguistico, a coincidere con la letteralità di quanto viene enunciato, la sua semantica. Viene chiamata locutorio. Ad essa si aggiunge una funzione implicita il cui nome è perlocutorio, dove sono gli effetti concreti della comunicazione a definirne il senso, che può ricalcare il dettato verbale ma anche discostarsene radicalmente, e non solo nel caso di metafore o altre forme di espressione figurata.
Un esempio. Se entriamo in un bar e diciamo mi faccia un caffè, grazie, otterremo a breve il nostro caffè. Ma se andiamo ad Harlem e strilliamo negri di merda – una situazione ripresa da un vecchio film di Woody Allen – il risultato sarà quello di ritrovarci a breve all’ospedale.
Sui social network, dunque, il perlocutorio non esiste. Il linguaggio è tautologico e ineffettuale, nella migliore delle ipotesi avremo un'eco transitoria sotto forma di like, anche i commenti non fanno vero discorso, edificazione di un significato ulteriore e dialettico. Puoi così scrivere amore mio o brutta troia, la tua vita tanto sarà identica a prima. E anche quella del presunto amore, o presunta troia, che rimarranno ugualmente presunti. Per questa ragione provo indulgenza e tenerezza verso chi usa le formule ultimative a cui ho accennato: sia chiaro a chi, sia messo agli atti da chi?
La provvisoria risposta che mi do è a noi stessi, o meglio alla nostra anima più profonda, che a questo modo si convince di contare ancora qualcosa, addirittura di esistere: do ordini dunque sono, e si metta agli atti anche questo! Già che esistere, come aveva intuito Marx, significa poter cambiare il mondo. Non solo dirlo, a voce più o meno perentoria.

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