lunedì 11 maggio 2020

L'odio e il cammello


Questo non è un post su Silvia Romano, verso cui nutro simpatia benché scarso interesse, ma sulle ragioni dell'odio riversato contro Silvia Romano, specie sui social network. Ragioni irragionevoli ma pur sempre fondate, risiedendo in interstizi poco frequentati della mente.
Riportarle alla luce o, come dicono i filosofi lisciandosi la barba in televisione, decostruire la dinamica dell'odio, in questo caso mi appare più semplice rispetto a simili circostanze. La chiave di accesso sta nella conversione all'Islam della giovane cooperante appena liberata, esibita già a partire dagli indumenti con cui si è presentata alla scaletta dell'aereo che l'ha riportata in patria.
Ha così contribuito a creare un'associazione psicologica con il gruppo combattente somalo di radice jihadista sunnita che l'ha rapita e tenuta prigioniera un anno e mezzo, al-Shabaab si chiama, la cui traduzione letterale è Partito dei Giovani – una giovane rapita da altri giovani, ecco un’altra ghiotta metonimia per la psiche, magari avranno fatto sesso...
Ma chi, ma come, ma che cazzo pensa a questo punto l'italiano medio parodiato da una macchietta di Antonio Albanese, io contribuisco con le mie tasse al pagamento del riscatto per la tua liberazione, e tu, come prima cosa, mi sventoli sotto al naso la bandiera dei tuoi rapitori, nella forma del lungo sottanone verde con cui ti ricopri da capo a piedi… Allora mi stai pigliando po’ culo!
Un cortocircuito emotivo che è difficile disinnescare, proprio perché il sostrato simbolico sembra riproporlo di continuo. L'unica sarebbe passare dal pathos al logos, e cioè dalla percezione alla ragione. Ad esempio comprendendo che una grande religione come l'Islam è tante cose insieme. L'elemento intransigente e ferino, che pure esiste come in quasi tutte le religioni, ne rappresenta in questo caso una componente minoritaria. A fronte un afflato genuinamente mistico, di cui possiamo trovare traccia nelle danze dei dervisci rotanti, oppure nei poemi sufi di Jalal ad-din Rumi, per non dire della carità come precetto predicato dal Corano; predicato ma anche praticato, a differenza di quanto avviene spesso nel cattolicesimo romano.
Sarebbe in ogni caso opportuno che Silvia o Aisha, come ora ha deciso di farsi chiamare in probabile omaggio a una delle mogli di Maometto, coltivasse questa sua conversione in una dimensione intima, non la manifestasse con legittimo orgoglio come ha fatto in questi giorni, alimentando quel cortocircuito psicologico che abbiamo qui provato a svelare.
D'altronde la religione a cui ha deciso di votarsi è maestra nell'arte sottile del velare il sensibile per richiamare l'ulteriore, e dunque anche lei, oltre ai propri capelli, ponga un velo di discrezione sul suo privato. Gli altri, gli odiatori, i leoni idrofobi da tastiera, non saranno per questo meno cretini, ma così lei non darà benzina ai loro motori. Pardon, manna caspica ai loro cammelli, che qui anche le metafore vanno pesate con cura.

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