venerdì 15 maggio 2020

Donatella


Oggi mi ha richiamato il mio amico Michele. Quello matto, sì, se preferite chiamatelo pure così. Non è un termine offensivo, anche i matti, tra loro, si chiamano matti, come i gay che si chiamano zie. Io però continuerò a chiamarlo Michele, è il suo nome.

– Ciao Michele, come stai?
– Mmm.
– Che c'è?
– Devo darti una brutta notizia.
– Spara.
– È morta Donatella.
– Ma non l’avevi vista due settimane fa, mi hai detto che ti aveva fatto…
– Sì.
– E di cosa è morta?
– Tumore ai polmoni.
– Sei triste, capisco.
– Ho pensieri brutti.
– ...
– E poi chi me le fa, adesso, le seghe?

È tutto il giorno che ci penso. Donatella, ci ho messo un po' a metterla a fuoco. Le ho parlato una sola volta, o forse due, stavamo sulla panchina davanti alla chiesa, i matti si danno convegno lì. Avrà avuto una sessantina di anni e li dimostrava tutti, anche qualcuno in più. Ma probabilmente era solo una questione di capelli, trucco, abbigliamento, creme, quelle cose da donne con cui ho scarsa confidenza, e così a occhio pure lei. Chiedeva, agli altri matti, un pacchetto di sigarette per fare l’amore e dieci per una sega, ma se trattavi scendeva a cinque. Michele mi ha detto così, almeno.
Qualcuno potrebbe pensare che sia poco opportuno scrivere di questi traffici particolari. Specie in una circostanza, la morte, in cui i brutti diventano bravi e i cattivi belli. Quanto ai brutti e cattivi, si sospira solamente. Ma non è una preoccupazione che sfiora i miei amici matti. Per loro il sesso è una cosa semplice e pulita, e utilizzarla quale merce di scambio non fa di te una persona peggiore. Né migliore, ovviamente. La vita è fatta anche di questo.
Tutte cose che sapevo già, in ogni caso. Ciò che mi sorprende è la sua assoluta coerenza, non la chiamerei nemmeno incoscienza. Due settimane prima di morire per un tumore in stato avanzato – e ne era a conoscenza, mi conferma Michele – ancora era in giro a chiedere sigarette in cambio del suo corpo. Altro che Bocca di rosa, qui abbiamo a che fare con una santa. Laica, ma non meno santa.
Con i santi condivideva una disposizione mistica, lo ricavo dalla totale partecipazione al momento presente, nel quale viene revocata qualsiasi ipoteca del passato come del futuro. Nel primo si formano i rimpianti e nel secondo le ambizioni e le paure, di cui quella di morire è la più grande di tutte. Non per i matti, evidentemente.
Rimangono i pensieri, con cui si costruiscono le parole. Ad esempio la parola tempo, virtù, legge. Oppure Dottore e Avvocato, che non rendono le tue giornate più belle. Al netto delle zavorre verbali, cosa rimane?
Scopi, ecco, e fumi. Scopi per fumare e fumi non tanto per passare il tempo ma per viverlo fino in fondo, già che quella è la sua intima natura. Non è un caso che ne sono ghiotti gli dei lasciando agli uomini la carcassa bruciacchiata dell'arrosto. Fumo eri e fumo
 tornerai, meglio se però le sigarette le comprano gli altri. E quando sei stufa di fumare e stanca di scopare, vai sulla panchina davanti alla chiesa a prendere un po’ di sole. Poi muori.
Muori, ma siamo davvero sicuri?
Quello che ha fatto Donatella è vivere ogni singolo istante della propria vita, mica morire. Come diceva quel tale, quando c’è la morte non ci sei più tu, e quando ci sei tu, con una Diana accesa in bocca, non c’è la morte. Il resto Donatella lo lasciava a chi in chiesa sta di dentro: inginocchiato, in piedi, seduto, già tutti questi cambi di postura dovevano essere sufficienti a dissuaderla dall'entrare. Molto meglio la panchina sotto le fronde della betulla, che magari si rimedia qualche sigaretta. Quanto alla controparte a volte è perfino divertente.
Nulla da recriminare, dunque. Al limite poteva tirare un po’ di più sul prezzo di una sega – otto sigarette, dai, c'è l'inflazione, facciamo sette e tagliamo la testa al toro – ma ormai è andata.
E ora vai anche tu Donatella, tanto non sarà questa l’orazione che il parroco pronuncerà al tuo funerale, in cui Michele sarà seduto in prima fila. Già me lo vedo intonare santo, santo, santo il Signore Dio dell'universo, sempre due toni e molti decibel sopra le altre voci, chissà perché sono tutte femminili. A parte Michele, mai un uomo che canti in chiesa. Non certo gli altri matti, loro
 rimarranno ad aspettare sulla solita panchina.
Ad aspettare al sole, e poi all’ombra, e poi di nuovo al sole. Ma cosa cazzo stiamo aspettando? Boh. E comunque di sigarette ce ne sono ancora. Quando finiranno, ognuno tornerà lentamente a casa propria. Che gli psicofarmaci rendono i piedi gonfi e pesanti da sollevare.


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