venerdì 10 aprile 2020

Michele

Michele è un po' tocco, diciamolo subito senza tanti giri di parole. Ma Michele è mio amico. Non mi era mai capitato di bannare il numero di telefono di un mio amico, ho però dovuto farlo con Michele. Il fatto è che mi chiamava nel cuore della notte. Mi sento sooolo mi diceva con accento siciliano, la vocale centrale strascicata. E io l'ho bannato.

Continua comunque a essere mio amico, ci siamo conosciuti una decina di anni fa al Bar Piero. Adesso il Bar Piero è chiuso per via del lockdown, e così ogni tanto sono io a chiamarlo. Non in piena notte ma verso le sette di sera, quando ha finito di cenare all'ora in cui cenano i vecchi e gli svizzeri; intanto, guarda il quiz di Amadeus in tivù.

 Conosci le risposte? – mi chiede.

 Alcune sì e alcune no, Michele.

 Io nessuna, conosco solo i nomi dei santi.

Ed è vero: non gliene sfugge uno! Se invece di Amadeus ci fosse ancora Mike Bongiorno con le sue domande a tema, sono certo che potrebbe sbancare Rischiatutto. Argomento a scelta vita dei santi, ovviamente.

La conversazione telefonica procede con l’enumerazione di ciò che ha appena mangiato. Carne Simmenthal, pomodori, pane, sale, salame, sottilette Kraft, maionese, tre uova, acqua frizzante, una mela, due noci e un dattero. A Michele piace fare lunghi elenchi. Ma gli piace soprattutto mangiare, ha sempre fame, una fame come si dice atavica, simile a quella di Totò in Miseria e nobiltà.

L'unica cosa che non può mangiare sono i dolci. Sono morti di diabete la madre, il padre e soffrono della stessa malattia tre degli otto fratelli, tutti rimasti in Sicilia. Non si capisce bene perché lui invece stia qui, a Sondrio. Se glielo chiedi ti risponde io sono nordista, termine con cui qualifica le persone del nord Italia, i western non c'entrano nulla, aggiungendo che in Sicilia ci sta la maaafia. Ma altre volte dice che la mafia aiuta i deboli, i mafiosi so braaavi. Non si capisce e basta.

Un'altra cosa che piace fare a Michele è andare in chiesa. È capace di seguire anche due messe al giorno, oltre a numerosi rosari. Non che comprenda tutto ciò che viene detto, specie nell'omelia. Dio è una persona complicata mi ha confidato una volta. Però intanto prega: per avere una casa, meglio una fattoria, con vitelli, conigli, capretti; poi un'Harley-Davidson, un Maggiolone Volkswagen, una fidanzata nordista e così via, anche qui parte l'elenco.

Ma non prega solo per sé e la realizzazione dei suoi desiderata; sui quali, va detto, ogni tanto comincia a dubitare: E non fa nieeente... In cui il soggetto implicito è con tutta evidenza Dio. Ho pregato per te e Fata Morgaaana, mi dice sempre. Fata Morgana sarebbe mia madre. Io invece sono Volpe, vai tu a capire il motivo, si diverte a dare soprannomi. Ivan, un altro amico comune, è il Generale, mentre il terzo della combriccola è semplicemente zio Luigi.

 E tu come ti chiami  gli ho chiesto un giorno, qual è il tuo soprannome?

Si è grattato il grosso capoccione per qualche secondo, poi, d'impulso, ha risposto:  Io sono il Bambino.

Il venerdì andavamo a mangiare tutti assieme in pizzeria, ovviamente pagavamo noi. Il Generale, zio Luigi e io ordinavamo una pizza, ognuno sempre la stessa, metodici, mentre il Bambino due cotolette alla milanese e un uovo al burro. Lui ormai si sente nordista anche a tavola, la pasta alle sarde è memoria sbiadita e non rimpianta, roba da sudisti. Ha anche acquistato un cappello da baseball con sopra scritto: Milano caput mundi. Se lo toglie solo quando va in chiesa.

Oltre ad andare in chiesa e al Bar Piero e mangiare come un porco, Michele passa il suo tempo in piazza, seduto su una panchina che sta tra la chiesa e il Bar Piero. Lì fuma e conversa o, meglio, conversava un po' con tutti. È gentile e benvoluto, somiglia a un enorme cucciolo di coala. Un orsacchiotto che parla, parla, non smette mai, anche di fumare. Forse perché si sente solo, come mi ripeteva nelle telefonate notturne, prima che lo bannassi.

Ogni tanto ho i sensi di colpa e lo sbanno, ma giro una settimana e riecco la telefonata: 

 Mi sento sooolo.

 Ok Michele, ma sono le tre e mezza di notte...

Lui continua imperterrito come se fosse un trascurabile dettaglio: – Ieri, al Centro, una mi ha fatto una sega. 

 Una sega?! Ma non ti aveva detto il Direttore che se ti scopre ancora a farti fare le seghe sono guai?

 Sì, ma mi so fatto fuuurbo.

 Furbo?

 In ascensore. Abbiamo preeeso l'ascensore. Poi ho schiacciato il tasto, un tasto rooosso, l'ascensore si è bloccata. E me l'ha faaatta lì.

- Mmm...

 ...

 Quante gliene hai date?

 Le ho daaato un pacco di Camel.

 Michele, quante volte te lo devo dire che un pacchetto è troppo! La prossima volta dagli solo cinque sigarette: per una sega è fino a mai.

Conversazioni così, mentre i panettieri discutono dell'impasto e tutti gli altri dormono. Ma già l'ho anticipato che Michele è un po' tocco, e il Centro sarebbe il Centro diurno di sostegno psicologico e sociale, altrimenti detto CPS. Prima lo chiamavano manicomio, il manicomio di Sondrio, conficcato tra le vigne dove fanno un ottimo Valtellina superiore. Tra i matti ho scoperto che vige ancora il baratto, e le merci di scambio più pregiate non sono oro, incenso e mirra, ma sesso e sigarette.

Adesso però è chiuso anche il Centro diurno, per via della pandemia. Niente seghe, niente Bar Piero, niente messe. A Michele rimangono solo le domande di Amadeus – di cui però non conosce le risposte –, oltre alle sigarette e alle Simmenthal, con cui non riesce a colmare il suo disperato bisogno di compagnia. Di amici, diciamolo pure.

“Giro per la Tuscolana come un pazzo, per l’Appia come un cane senza padrone (…) a cercare fratelli che non sono più”, scriveva Pasolini in una poesia del 1964. E così ogni giorno, in pieno lockdown, Michele gira come il pazzo che è tra i piccioni posati sul sagrato della chiesa e la saracinesca sbarrata del Bar Piero, prima di sedersi sulla sua solita panchina. Da solo. Anzi, sooolo.

Quando Dean Martin attacca la prima strofa di Volare, la suoneria che ho impostato nel mio smartphone, se sono passate le dieci di sera penso sempre sia Michele, anche se magari è una badante ucraina che ha sbagliato numero: Ciao Olga carissima, sono Myroslava. Non sono Olga. Poi mi ricordo che il suo numero è fuori gioco e tiro un sospiro che, non ho ancora capito, se sia di sollievo o di rimpianto.

L’ultima volta era un mio vecchio conoscente, mi raccontava che è passato in piazza Campello per andare a fare un bancomat. 

 Oh, non puoi crederci  mi ha detto come se fosse appena uscito dalla grotta della paura , mai vista la città così deserta. Alle sei di pomeriggio non c'era anima viva, solamente un tipo grasso con un cappellino da baseball. Stava seduto su una panchina, tutto da una parte, come se aspettasse qualcuno. Intanto si accendeva una sigaretta con il mozzicone della precedente.

 È il Bambino  gli ho detto io.

 Chi?

 Non importa.

Quando la conversazione è terminata ho pensato che il Covid non è solo grafici, plateau del contagio, pallottoliere dei morti, medici e infermieri eroici ed economia, bisogna far ripartire l’economia tuona la Confindustria! No, è anche Michele e la sua panchina. Su cui forse si sta ancora chiedendo, come di fronte alle domande di Amadeus:

Ma quante sigarette bisogna dare a Dio per tornare a farci fare le seghe in ascensore, e a mangiare cotolette con il Generale, la Volpe e zio Luigi...

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