Una volta ho sgridato mia nonna perché
si era seduta sopra il mio cappello. Si trattava di un cappello marrone appena
acquistato, le falde in stile Indiana Jones e però con il tessuto
impermeabile, piccole pieghe da usura aggiungevano un tocco fané, per questo
non si è rovinato. Ma io ho sgridato mia nonna ugualmente, e anche mia madre
che la difendeva.
È stato un errore, l'avevo posato sulla poltrona
su cui, dopo pranzo, la nonna si metteva a prendere il sole che filtrava dalla
porta finestra socchiusa, i lunghi ferri mossi da mani che non temono le
ortiche, mentre il filo di lana si scioglie dal gomitolo per prendere la
forma delle calze che avrei indossato l'inverno successivo, Radio Maria quale
colonna sonora.
Non l'aveva visto il mio cappello
da Indiana Jones, tutto qui, e si è accasciata a peso morto come un vitello
sulla paglia, un errore anche il suo. D'altronde nella vita ho compiuto errori
ben più gravi, mia nonna non se l'è presa per la ramanzina e mi ha restituito
il copricapo in forma bidimensionale, sembrava Willy il Coyote quando finisce
sotto il rullo compressore, per poi riprendere a sferragliare salmodiando un
Pater Noster.
A volte ho pagato per i miei errori
ma perlopiù l’ho fatta franca, come quando rubavo alla Standa in seconda
media; piccole cose, intendiamoci, una volta ho infilato in tasca un turacciolo
di sughero, mi sembrava che un oggetto più costoso avrebbe causato dolore al
signor Standa. A me in fondo bastava quel turacciolo, era il mio modo di
onorare la foto di Renato Vallanzasca che avevo incollato su una pagina del
diario di Snoopy. Le mie compagne ci piazzavano Miguel Bosè e io Vallanzasca.
Poi si cambia, parlo per le compagne.
L’avere sgridato mia nonna è però un
errore che non sono mai riuscito a perdonarmi. I cattolici hanno
quell’invenzione formidabile che si chiama confessione, Freud deve avere
copiato da lì prima di consegnarci il suo compitino, la solita aria da primo
della classe; con la differenza che i preti ti fanno vuotare il sacco
gratis, mentre gli psicanalisti vorrebbero convincerti che se non paghi non
funziona. E pensare che quando esci dal confessionale ti regalano pure un
biglietto omaggio per il paradiso, come fanno i venditori di materassi che ti
offrono in giunta il set di pentole. Peccato che quel giorno io abbia
altri impegni.
Non me ne faccio un cruccio,
semplicemente non sono cattolico, forse neppure cristiano. Il mio dio non è
inchiodato alla croce ma alla mangiatoia del presepe che facevo da bambino, il
muschio lo prendevo nel bosco dei Bordighi e con la carta stagnola tracciavo i ruscelli,
oppure si è smarrito nell’odore di incenso e zibibbo che respiravo in
sagrestia, la cosa divertente era infilarsi la cotta e una sottana bianca
come quella di don Aurelio. Ed ecco un chierichetto, voilà, un piccolo servo del
Cristo Redentore.
Io però continuavo a chiamarlo Gesù, mi
stava simpatico Gesù, gli rivolgevo la preghiera prima di dormire seguita da quella
al mio angelo custode (solo evitavo l’eterno riposo, non per altro ma morti non
ne conoscevo, era un concetto troppo astratto), e in fondo mi sta
simpatico anche ora. Peccato che la sua attendibilità teologica mi appare la
stessa di Willy il Coyote: uno cammina sulle acque e l'altro nell'aria, mentre lo spuntone di canyon su cui si trovava precipita al suolo schiantato dalla dinamite; e seppure finisca male per entrambi alla puntata successiva
sono ancora lì, come se niente fosse. Due belle storie, niente da dire. Quanto alla
psicanalisi, con me ha funzionato come i tentativi del maldestro coyote di acciuffare
Beep Beep.
Però scrivo, so scrivere. Posso vedere i
caratteri grafici con cui comporre le parole errore, nonna, scusa, calze,
grazie, sogno. Un sogno bello, ma una mano invisibile deve averlo
spento, clic, come faceva il nonno con Radio Maria quando in tivù iniziava il
programma di Funari. Ecco, già mi sembra di stare un poco meglio. Non è
difficile, è un giochino che possono fare tutti, basta avere qualcosa da
ricordare e qualcuno da cui farsi perdonare. E poi ora che ci penso era un
cappello un po' da tamarro.
Nessun commento:
Posta un commento