lunedì 13 aprile 2020

L'arca


La buttò lì, è solo un’impressione. Ma a me questa storia che la lontananza fisica abbia favorito una prossimità spirituale, emotiva, virtuale, chiamatela un po’ come volete, non finisce di convincermi.
Ne scriveva qualche tempo fa anche Baricco in un lungo articolo su la Repubblica: l’epidemia come prova generale del “Game”, a lui piacciono le parole bisillabe, ci titola anche i libri, e va beh. Game che sarebbe poi il nuovo mondo a venire, dove la mediazione informatica coagulata da quel formidabile aggregante che è il web, andrà progressivamente a sostituire i canali tradizionali e fisici di relazione, creando una sorta di grande videogioco collettivo.
Io non nego che ciò prima o poi accadrà, naturalmente. Ma nella mia esperienza verifico che le nuove modalità tecnologiche sono ancora ben lontane dall'istituire un campo – “noosfera” era il termine utilizzato da un geniale precursore, il paleontologo e gesuita Pierre Teilhard de Chardin – che produca vera integrazione umana e addirittura un transumanar, per dirla con le parole del Poeta. Piuttosto mi accorgo che, in questi giorni, parlo al telefono molto meno, e ciò mi pare un indizio prezioso.
Prima che scoppiasse l’epidemia avevo alcuni amici con cui ci si sentiva anche quotidianamente, perlopiù in automobile, con l’auricolare, così per passare il tempo. Adesso è quasi un mese che le mie conversazioni si sono diradate, nonostante si cazzeggi tutti da mattina a sera. Qualche WhatsApp ogni tanto per girarci le stronzate che circolano in rete. Comunicazione zero.
Probabilmente già da prima non avevamo nulla di importante da dirci, ma ora finalmente stiamo facendo esperienza di quel nulla, lo stiamo per così dire portando alla coscienza, come si fa nelle sedute psicanalitiche. La sensazione è dunque quella che l’epidemia, più che deradicare per innestare il nuovo, stia sfrondando gli automatismi sociali, nella forma di quei rapporti che pensavamo consolidati e invece erano solo foglie secche a novembre. Ma questa è tutt’altro che una brutta notizia.
Dal fare branco si sta insomma passando al fare ordine, ci si chiude in casa, come Mosè sull’arca, e intanto si selezionano animali e persone da portarci appresso per quando le acque si saranno calmate. Con loro l’intimità sarà forse in futuro maggiore, non so, è troppo presto per dirlo. Siamo ancora nella fase in cui a Napoli si gettano dalla finestra i servizi di porcellana vecchi, avviene a capo d’anno. Sperando solo che il nuovo anno arrivi presto, insieme a un colombo con un ramoscello d’ulivo nel becco…

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