venerdì 13 marzo 2020

Waterloo, o sulle forze in campo


Questa notte ho fatto un sogno. Abitavo in una fattoria, una fattoria in Belgio. Non era troppo grande ma nemmeno troppo piccola, già che all'interno ospitava centinaia di persone, forse migliaia. Ma più che in Belgio in generale si trattava di un luogo preciso: Waterloo, e il giorno era il 18 giugno del 1815.
Sopra di noi, sulla nostra fattoria né troppo grande né troppo piccola, di buon mattino iniziavano a volare palle di cannone, qualcuna ci cadeva anche sopra, sfondava i tetti di paglia e travi, uccideva persone per puro caso. E poi cariche a cavallo, fucilate, sciabole che scintillano sotto a un sole pallido ma implacabile, come la lampada del dentista.
Noi cercavamo riparo all'interno e guardavamo spaventati da piccole finestrelle in legno di faggio, dietro a tendine bianche con precisi ricami all'orlo. Il motivo del conflitto non ci era naturalmente noto, ma si faceva sempre più chiara la percezione che non si trattava delle nostre terre, e in fondo neppure di noi.
Continuando a osservare – e questa fu davvero una sorpresa! – ci accorgemmo che non si fronteggiava la Grande Armèe agli inglesi e ai prussiani sempre più incazzati, Wellington ritto e impavido come il golfista che cerca di individuare il punto dove è cascata la pallina. No, Wellington non c'era, e neppure il piccolo corso con la mano infilata nel panciotto.
L'inevitabile scontro era piuttosto quello tra due forze oscure, digrignanti. Dovendo dargli un nome decidemmo di chiamarle tecnica e biologia. Il più anziano e saggio tra noi concluse che la battaglia sarebbe durata a lungo: un esercito da una parte, uno dall'altra e noi proprio nel mezzo. A lungo ma non per sempre, anche se il quando mi sfugge perché mi sono svegliato tutto sudato, non so come sia andata a finire.
Chi vincerà sarà in ogni caso sovrano, dominerà su ciascun aspetto della vita tra cui quella minuscola e, in fondo, irrilevante porzione che è la nostra fattoria, né troppo grande né troppo piccola. Da cui anche in questo incubo diurno facciamo il tifo convinti, ovviamente sperando che prevalga la tecnica; la tecnica medica, nella circostanza, ci auguriamo che annienti lo stramaledetto covid-19. Ma siamo ancora del tutto ignari su cosa ciò davvero e alla lunga comporti.

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