sabato 21 marzo 2020

L'ascensore rotto, o su come cambiano i rapporti umani al tempo del covid-19


Questo ascensore guasto nell’ascesa verso le magnifiche sorti e collettive, questo ascensore scassato che c’ha fatto ripiombare indietro di diversi piani, questo ascensore è tante cose assieme. Oltre alla precedenza dovuta all'incombere degli eventi – la malattia priva di cura, gente intubata senza il conforto dei propri cari, i camion dell’esercito per sbarazzarsi dei cadaveri che si accumulano, in un fermo immagine più spettrale dei sacchi neri in cui venivano impacchettati i soldati americani morti in Vietnam, come tante liquirizie vomitate dai B-52 al ritorno da Saigon – la situazione mostra anche un risvolto sociale inquietante, per quanto alla lunga potrà forse rivelarsi positivo.
Mi riferisco all’innocua promiscuità umana che fino a ieri faceva di ogni erba un fascio, e per cui si sorrideva imbattendosi nell’ennesimo post dell'amico complottista (rettiliani, scie chimiche, allunaggi simulati, no vax), si ridacchiava con quella complicità gaglioffa che ha preso il nome di trash, mentre ora procura uno stridore di nervi difficilmente eludibile con un'alzata di spalle.
Quando ad esempio leggo che il virus sarebbe stato diffuso dai francesi per ripicca all’accordo tra Cina e Italia sulla nuova via della seta, oppure, e ho letto anche questo, è tutta colpa dell’inquinamento, della Cia, di un'alimentazione povera di vitamine, dell'effetto serra, degli ebrei, di Bill Gates, del gruppo Bilderberg, di un farmaco miracoloso che si tengono per loro, del fatto che tanto non ci dicono la verità, della verità rivelata al cugino di mio cugino da uno che "sa", del virus che è tutta una montatura, della vaccinazione influenzale, non lo sai che la vaccinazione già conteneva frammenti di covid-19 e, ciliegina sulla torta, delle reti 5g, guarda a caso più sviluppate proprio in quei paesi che sono riusciti a contenere l’epidemia (Cina, Corea del Sud, Giappone), mentre del tutto assenti in Iran o in certe valli bergamasche, dove il contagio galoppa. Ecco, in quelle circostanze mi rabbuio e il sorriso mi si smorza sulle labbra. Manca solo il Mago Zurlì, tra i candidati responsabili del contagio, ma anche questa battuta ha smesso di farmi ridere.
Esiste poi un diverso versante dello svacco, e non alludo a chi contempla la voragine spalancata sotto ai nostri piedi lambiccandosi sul motivo per cui "non è mai esistito in Italia un cantante sexy", coinvolgendo nel quesito, fondamentale, i propri contatti su Facebook. In fondo è solo cervello in standby, che passa e va come il buffetto di una suora. Penso piuttosto alle frecciatine sui lavoratori in nero, specie al sud, rimasti senza occupazione e tutele economiche e sindacali, paragonati a ladruncoli, spacciatori e addirittura a camorristi e a mafiosi, già che pure quelli  viene detto al culmine dello sghignazzo – ora non battono un chiodo. Dimenticando che tra un posto da bidello, e ho scritto bidello, non amministratore delegato, e un paio di giornate a imbiancare una cucina e santa grazia che è saltato fuori un lavoretto in nero, chiunque al sud, al nord, ovunque, non avrebbe dubbi sulla scelta. No, proprio non ci siamo!
Sarà che le parole pronunciate o, peggio, scritte in momenti cruciali, posseggono una speculare crucialità, che ha quale effetto il tracciamento di una linea immaginaria a discrimine tra amici e nemici. E per quanto vorrei sottrarmi all’orizzonte metaforico della guerra, mi sembra ugualmente sensato ripensare alle relazioni sulla base di una sintonia sui temi fondamentali della vita; tra cui la vita stessa, la morte, la povertà, i diritti, la cura e i rapporti personali, che includono quelli tra generazioni. Ma anche l’onestà intellettuale, se non proprio l’intelligenza che come il coraggio uno non può darsi da solo. L'ironia e la strizzatina d’occhio ora non mi bastano più, i like da distribuire a destra e manca, il primo spritz lo pago io il secondo lo paghi tu, insomma l'indifferenziato fare branco che ha contraddistinto l'ultimo decennio, specie da quando le relazioni hanno cominciato a essere virtuali. Io mi aspetto dunque che le persone, anche sul web, tornino a cercarsi per riconoscimento e affinità, o almeno è quanto intendo fare io. Nessun giudizio o malanimo verso coloro con cui si è reso manifesto il nulla. Basta cambiare scompartimento, ed è finita lì.
L’esempio è certo personale, minimo, ma ho il sospetto possa essere variato di scala, magari estendendolo alla Comunità Europea. Quando tutto sarà terminato, perché finirà, come tutte le cose umane deve finire, sarà impossibile ritornare alla situazione precedente. E ciò perché c’è stata una vera e propria apocalisse, ossia e in senso letterale un disvelamento, a mostrarci l’anima profonda non solo degli uomini ma anche dei popoli, che è diversa e non sempre può essere ricomposta in meccanismi burocratici sovranazionali. Per dire, a oggi io mi sono scoperto molto più vicino a un cinese che non a un britannico, con buona pace del mio giaccone da motociclista su cui campeggia la Union Jack. 

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