lunedì 16 marzo 2020

Le lettere d'amore, o sul riconoscimento


Ieri ho saputo che è morta una persona che conoscevo bene, non dello stramaledetto virus ma durante un delicato intervento al cuore. Aveva cinquantanove anni e si chiamava Alessandro, eravamo vicini di casa all'Isola d'Elba, in seguito diventammo amici.
Me ne accorsi quando cominciai a ritrovare davanti all'ingresso gli avanzi delle cucine dell'Hotel Lacona, Alessandro lavorava lì come tuttofare, qualche volta anche la carta igienica, e se uscivamo assieme mi spiegava come bere la Beck's dal collo della bottiglia per fare colpo sulle ragazze, un trucco a sua volta imparato osservando un cantante di piano bar.
Ormai non ci sentivamo però da molto tempo; dopo che sono tornato a Sondrio abbiamo mantenuto i contatti per un po’, ma la vita è più forte degli elastici che cerchiamo di imporle con la volontà. La vicinanza è e rimane un fatto di spazio, c’è poco da fare.
Si dice che gli anni volino, ma i quindici trascorsi da allora a me sembra che abbiano strisciato, restituendomi solo ricordi confusi, fotografie sfocate: la sua risata come un colpo in canna, senza nessuna sicura a frenarne le continue esplosioni, il de' livornese da infilare ogni tre parole, i capelli ricci mescolati all'odore della salsedine e del pitosforo, e su tutto l'ombra remota dell'immenso pino marittimo al limitare della spiaggia, qualcuno racconta che Napoleone volle fermarsi ai suoi piedi per schiacciare un pisolino.
Ma c'è almeno un episodio che si è impresso sui miei neuroni come un murale. Fu la volta che mi chiese di scrivergli delle lettere d'amore – delle lettere d'amore, oh che sei grullo?! Sì, delle lettere d'amore mi rispose serafico Alessandro. Erano destinate a una barista graziosa e minuta, una collega di cui si era preso una sbandata.
Ripensando a quelle buffe composizioni – "ieri ti ho intravista mentre schiumavi un cappuccino", chissà che cavolo mi sarò inventato... –, realizzo che nella vita non ho imparato a fare molto altro, sono ciò che si dice un buono a nulla. Però so scrivere delle belle lettere d'amore, e questo Alessandro l’aveva intuito.

Oltre al dolore per la scomparsa, in me riaffiora così l'ombra di un'emozione diversa. Essere stato riconosciuto da qualcuno, un vicino di casa, un amico, il tuttofare dell'Hotel Lacona, riconosciuto e chiamato al mondo per quel pochissimo che so fare. E chiedermi di farlo: scrivile tu le lettere, questo è affar tuo! Grazie Alessandro, e riposa in pace. Io adesso so come bere la Beck's per fare colpo sulle ragazze.



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