martedì 19 luglio 2016

Tiro alla fune, o sulla traduzione letteraria



Prima di conoscere, nella mia vita vera, dei traduttori, io quando leggevo un libro di un autore straniero magari anche molto famoso, io non ci pensavo mai alle mani del traduttore intente a sfogliare dizionari e annotare frasi, o ai suoi pensieri fitti di parole strane, parole che non avevo mai sentito pronunciare, mentre, anche lui, il traduttore, legge e traduce il libro che stavo leggendo proprio in quel momento, pagina dopo pagina, mi veniva incontro con tutti i dialoghi finalmente al posto giusto nella mia lingua, che io la potevo finalmente capire. Ma mia di chi? Alla fine, pensavo, è solo la lingua dei traduttori quella che io conosco, e con cui gli sentivo dire "vuoi ancora un po' di ruchetta, tesoro?" o "gli stranieri sono una risorsa e non un problema", "i cani di razza muoiono prima degli altri cani", una di queste affermazioni non troppo intelligenti ma nemmeno troppo stupide, le fanno i traduttori, quando non traducono, ma potrei pronunciarle anch'io tra il dolce e il sorbetto, anche se mi piaceva pensare che in quel libro che io stavo leggendo frasi così non ce n'era dentro neanche una, e infatti era quello che pensavo, prima di conoscere i traduttori che io conosco e ogni tanto frequento. Certo, erano cose che in fondo già sapevo, ma non le pensavo, pensando invece solamente al libro che stavo leggendo, come il bambino che il venticinque dicembre pensa al trenino nuovo e non di certo a Babbo Natale, non è semplicemente un suo problema. Ma poi un compagno di scuola gli dice che sono i genitori, non crederai mica a Babbo Natale?, è una favola, un'invenzione, sono i genitori a portarti i regali e allora, solamente ora, il ventisei dicembre, il bambino prova un po' di nostalgia per quel vecchio signore con la barba bianca e la slitta con le renne, ma non ce l'ha una moglie o anche solo una fidanzata? Nemmeno si pensa mai, è meglio non pensarci, all’errore medico prima di aver conosciuto un medico in carne e ossa, puoi incontrarlo sul lago di Como a fine luglio con una maglietta dei Celtics bianca e verde, era un anestesista che ha partecipato al torneo di tiro alla fune del campeggio Au lac de Com, sta proprio al punto in cui il Mera si spalanca con un grande sbadiglio e cede al sogno liquido della pozza. Il medico, intanto, si aggrappava a una robusta corda di juta e iniziava a tirare e tirava e diventava tutto rosso e poi, con un tonfo sordo, è caduto svenuto sulla spiaggia. Dopo pranzo gli avevo visto bere, insieme a un gruppo di tedeschi che indossavano dei sandali in pelle marrone con la suola in sughero intagliato, a dire il vero sembravano un po' dei frati questuanti, si erano appena conosciuti e continuavano a darsi delle pacche amichevoli sulle spalle, e naturalmente a bere, anche quando il medico era a terra privo di sensi, gli occhi sgranati, la fronte imperlata, quelli continuavano a percutotergli le spalle sorridendo, freund, freund, erwachten freund, il medico gli avevo visto bere cinque Sambuca Molinari con ghiaccio e un chicco di caffè, uno per ogni bicchiere che lui aveva tracannato in un solo sorso. E magari, poi, sono anche dei bravi traduttori quelli che ho conosciuto nella mia vita vera, come se ci fosse una vita falsa, una vita in traduzione scritta da qualcun altro che si diverte così, e questo è anche possibile, se non frequente, ma io continuavo a pensare che forse era meglio se non li conoscevo, o invece di fare i traduttori si davano al tiro alla fune.


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