mercoledì 13 luglio 2016

A chi scriviamo quando scriviamo letteratura, o sul motivo per cui Facebook sta rovinando gli scrittori



Quando Leopardi scriveva chino sul foglio dentro a una stanzetta fredda e scura, che poi si trattava, con tutta probabilità, di una stanzona luminosa e tiepida del suo palazzo a Recanati in Monte Morello, ma non importa, non è questo il punto, e nemmeno se qualche buontempone gli toccasse ogni tanto la gobba mentre camminava tra gli immensi gatti di Roma, o addentando gli arancini col ragù che sbocciavano a Spaccanapoli, con l’amico di sempre Antonio Ranieri, quando scriveva e scriveva e scriveva, continuava a scrivere, era la cosa che sapeva fare meglio e lui semplicemente la faceva, come il castoro fa le dighe, a chi pensava, questo il vero punto, quando scriveva Giacomo Leopardi?

E’ la domanda che continuo a farmi quando leggo quel che postano gli scrittori su Facebook: non ce n’è uno che non mi abbia deluso, dopo che prima avevo letto, e in molti casi apprezzato, le loro opere di narrativa. Una risposta, provvisoria, però me la sono data. Leopardi, scrivendo, non credo avesse in mente qualcuno in particolare: non lo stesso Ranieri, che non era certo un fulmine di guerra, ma nemmeno altri, uomini e donne che gli erano consueti, o comunque dal profilo determinato da un incontro anche solo fuggevole, ad esempio in uno di quei salotti di cui era frequentatore assiduo, forse nella speranza di rimediare qualche femmina. No, proprio non ce lo vedo a rivolgersi a costoro. Piuttosto lo immaginava, il suo lettore, era un’ombra dai contorni morbidi e confusi, qualcuno “fatto della stessa sostanza dei sogni”, come sussurra Prospero nel celebre monologo de La tempesta. O magari era proprio l'ombra di chi quella tragedia l'ha scritta, l'ombra di Shakespeare o di qualche altro grandissimo che egli attualizzava in una sorta di teatro mentale, uno strumento di cui ciascuno può disporre. Basta chiudere gli occhi, alzare il sipario, e dire: eccoti! 

Nei testi di teoria letteraria questo interlocutore immaginario viene chiamato lettore implicito, o lettore modello, e corrisponde alla rappresentazione astratta che uno scrittore si fa di chi in futuro leggerà le sue pagine. Quindi gli si rivolge adeguando il tono della voce, scegliendo accuratamente le parole, conformando infine l’intenzione estetica a quel soggetto definito dal pensiero. Tanto più l’asticella del lettore implicito verrà posta in alto, tanto più, allora, uno scrittore cercherà di dare il meglio di sé, di essere ascoltato e amato da quello che è un modello a tutti gli effetti: non solo di lettore ma, con il suo circostanziato riferimento, sarà un'idea che modella lo scorrere della mano sopra al foglio in ogni istante, nella segreta speranza di sedurlo, o di superarlo. In fondo uno scrittore somiglia a un picchiatello: qualcuno che, anche da adulto, dibatte vivacemente con il suo amico immaginario.

Ma vediamo cosa succede invece con Facebook, o con qualsiasi altro social network. Al contrario di quanto accadeva a Leopardi, qui il lettore non è mai implicito, ma viene esplicitato nel tempo e nello spazio delle relazioni pubbliche con i propri contatti. Il lettore è una persona in carne e ossa, insomma, o più persone, ma sempre individuabili singolarmente. Ciascuno conosce infatti il volto, i pensieri, persino le aspirazioni più meschine di quelli che saranno i suoi lettori, e questa è la più greve delle zavorre. Come fai infatti a scrivere Paralipomeni della Batracomiomachia quando sai che ad ascoltarti non c’è Shakespeare, Cervantes, Rabelais, ma Pinca Pallina che si sta lamentando perché la sua amica Panca Pallona non è venuta al concerto di Biagio Antonacci - dove kavolo sei finita brutta kretina????? -, o Ciccio Canna che continua a postare interventi che glorificano le virtù terapeutiche della marijuana… Lo capisci, che è diverso?

Per questo, scrittore famoso che sei su Facebook, se vuoi tornare a scrivere delle cose anche solo passabili, smetti di elemosinare like, fregatene dei pollicioni alzati e ricomincia a costruire il tuo lettore nello slancio arrischiato e ambizioso della fantasia, oppure rivolgiti a Leopardi, Hemingway, Bolano, devono tornare a essere loro i tuoi amici immaginari. E poi dimenticati di Ciccio Canna e Panca Pallona, lascia perdere gli “amici” su Facebook!



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