martedì 12 luglio 2016

Caro Mr. Y ti scrivo, una risposta privata, no, anzi, pubblica



Sono stato contattato privatamente, su Facebook, dalla persona a cui mi sono ispirato per scrivere un brevissimo racconto, pubblicato in seguito sul mio blog (il racconto si trova qui). Questa persona, che non frequento più da tempo ma mi è rimasta cara, era molto risentita per la mia incursione nella sua vita; che è poi anche la mia, di vita, per inciso. Credo in ogni caso di dovergli una risposta privata – risposta che si limita in fondo alle mie scuse – ma anche una spiegazione per così dire pubblica, nella quale proverò a esporre le ragioni estetiche del mio lavoro. Chiameremo dunque Mr. X il personaggio del racconto e Mr. Y la persona in carne e ossa, che ha fatto da volano alla scrittura. Riguardo Mr. X non ho molto da aggiungere, trovando anzi quel micro racconto piuttosto efficace, quindi riuscito, e quanto segue ha dunque come interlocutore privilegiato Mr. Y, che mi sta leggendo insieme a voi. 

Caro Mr. Y, 

ciò che ho scritto, e che purtroppo ti ha infastidito, forse addolorato, era un racconto: non la realtà, che ci ha visto scorrazzare sopra a un
Morini College verdone durante le interminabili mattine di maggio, quando, un milione di anni fa, bastava un'occhiata per decidere di bigiare la scuola. Ed è forse la cosa più saggia che si è fatta assieme, prima di perderci un po' di vista.

Un racconto, sì, solo un semplice racconto, che rientra in un genere narrativo chiamato
autofiction, già che tanto per cambiare l'hanno inventato gli americani, come il gioco del bowling, il cheeseburger e le majorette che fanno volare in un bel cielo blu le loro aste d'argento, per infondere vigore ai giocatori di football.

Però sono molto bravi anche i russi, a trasformare in finzione la loro vita, e mi vengono in mente nomi come Sergej Dovlatov, Eduard Limonov, Venedikt Erofeev... Tutta gente che, quando dice "io", parla di sé ma anche di qualcos'altro. Credo che se ne conoscessero in anticipo il contenuto, di tale enigmatico "qualcosa", non scriverebbero più, ma possiamo azzardarci a dire, perfino con una certa ragionevole sicurezza, che si tratta di una cosa che non sta tra le mani e neppure nel cielo - non è dunque l'asta delle majorette -, ma viene conficcata in una terra di nessuno tra il narratore e il lettore, tra le parole e il pensiero. Letteratura, sì. 


Nel mio caso, si tratta di minime istantanee in forma verbale, quasi fotografie che scatto all’ambiente che mi circonda o ai miei ricordi lontani, alle storie che ho sentito raccontare. Quindi le movimento con personaggi elementari, quasi bozzettistici, che contengono però un qualche valore allegorico, una stralunata deformazione delle cose a ricollocarle in una luce diversa, se va bene più generale, se non proprio universale. La realtà a volte aiuta, come no, ma alla fine è sempre scrittura. Questo è quello che provo a fare, almeno. Ogni tanto ci riesco e ogni tanto no, ma questa è un'altra storia.


Proviamo invece a guardare meglio dentro a questa, di storia, a questo strano genere, indipendentemente dal valore assai diverso dei risultati. Quando in un testo, come in quello di cui ti sei sentito protagonista, caro Mr Y, e non senza qualche ragione, quando la voce narrante coincide con l’autore e con alcuni fatti della cronaca, è evidente che ci sia un vincolo forte con la realtà storica e biografica di chi si firma. Ma è appunto solo un
vincolo, non una coincidenza. Un po' come gli egiziani, ecco, che sanno fare la pizza anche se non sono nati a Napoli. Nello specifico, oltretutto e come sai molto bene, il nome dell'autore, Guido Hauser, è uno pseudonimo. E questo è un ulteriore segnale, un chiaro indizio che dovrebbe mettere sulla strada giusta: quella della trasfigurazione drammaturgica, dello scarto immaginativo. La pizza sta lievitando, insomma.

Il rapporto tra autore e voce narrante, o se preferisci tra il pizzaiolo e la pizza, può essere riassunto a questo modo: uno, l’autore, esiste, mentre il suo sostituto narrativo è solamente un personaggio tra gli altri, la cui unica esistenza è legata alla rappresentazione (“è” ma non esiste, direbbe un filosofo eleatico). Per la stessa ragione anche l’oggetto, o la fabula, come viene chiamata nei testi di narratologia, perfino quando appare coincidente al vero subisce la medesima metamorfosi; si "finzionalizza", come direbbero quelli là di prima.

Dobbiamo dunque concludere che Mr. X sta a Mr. Y come la pipa dipinta da Magritte, nel celebre dipinto del 1948, sta alla pipa reale che ha fatto da modello per la riproduzione artistica. E infatti Magritte, al solito sornione, aggiungeva una didascalia: “Ceci n’est pas une pipe”. E tu non sei Mr. X, caro Mauro, anche se io voglio bene a entrambi. Ma di più, molto più a te che al personaggio del racconto.

Un abbraccio


Guido Hauser e Guido Bussoli, per una volta tanto assieme



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