martedì 26 luglio 2016

Ebbene sì, sono scemo, ma a nome mio





Intanto bisogna dire che c’eran delle volte che io mi sentivo intelligente. Ma proprio tanto intelligente, intelligentissimo! E quelle volte duravano diversi giorni, perfino mesi, in cui io mi sentivo così intelligente che – malgrado la mia intelligenza – non lo capivo come gli altri invece non se ne accorgevano, offrendomi magari dei pubblici riconoscimenti, poteva essere una piazza dedicata al mio acume intellettuale o un monumento a cavallo dell’arguzia. Andava bene anche un premio alla carriera che non avevo avuto, e anche questa cosa, in effetti, era piuttosto stana, vista la mia intelligenza decisamente superiore. Però c’eran delle altre volte, e queste duravano perfino più a lungo, che io mi sentivo stupido, non potete immaginarvi quanto stupido ero... Non a paragone degli altri, intendo, lo vedevo che la gente non era in media tanto più intelligente di me, piuttosto mi sentivo stupido in confronto all’idea stessa di intelligenza, e ai pochi intelligentoni, quando io sarei rimasto per sempre un mediocre, e allora camminavo vicino ai muri con la testa bassa, come un cocker che è stato sorpreso mentre dormiva spaparanzato sul divano. Infine c'erano dei giorni in cui mi pareva che fossimo un po’ tutti quanti degli scemi. Se l’intelligenza esiste, mi dicevo in quei giorni, non è certamente affar nostro, qualcosa che non riguarda la strana specie senza coda che si erge impettita a dispetto della legge di gravità, e poi deve andare dal chiropratico per il mal di schiena - e già questo depone contro la nostra presunta intelligenza, a me pare. Ma anche fosse solo una parvenza, è comunque una sensazione che mi faceva stare più tranquillo, un po’ come quella storiella, in effetti anch’essa molto stupida, del mal comune mezzo gaudio. Solo che, nella generale e definitiva stupidità che affligge il genere umano, qualcuno riesce a comunicare, a parlare e perfino a comprendere il linguaggio dell'altrui stupidità, come uno sport di squadra in cui siano state accolte le regole impartite a tavolino da qualche idiota, e i più bravi in questa stupidissima arte dell'emulazione vengono chiamati "intelligenti" – è una cosa intelligente un torneo di cricket, o il conteggio dei punti nel tennis …? Mah. In ogni caso, c'è una minoranza di stupidi, un tempo ce n'era almeno uno per ogni bar con biliardo, gente che possiede un alfabeto tutto suo della stupidità, e per questo non capisce, e non viene capita, da chi si contende il birllo rosso al centro esatto del panno verde. Perciò prendono il nome di tonti, grulli, fessi, gonzi, scimuniti, pistola, cucù o, in alternativa, a seconda delle circostanze, di geni che godono di pubblico rispetto e riverenza, anche se sono sempre degli stupidi ma per una volta non in conto terzi, degli scemi in piena regola e a titolo esclusivamente personale. Ecco, in quei giorni, e oggi temo proprio che sia uno, io penso di appartenere a questa sottospecie della stupidità: quella di chi calcia la palla durante una partita di basket, ma l'afferra con le mani, per dargli magari solo una spolveratina, mentre gli altri giocano al pallone.

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