sabato 18 agosto 2018

Un uomo in crisi, o sulla parola comunista

Ieri ho ascoltato su YouTube le intercettazioni telefoniche a carico di Nicole Minetti. Non l'avevo mai fatto, forse perché avverto l'incalzare della cronaca come quelle auto in coda al casello dell'autostrada, che quasi urtano la tua da dietro e così credono forse di fare prima, spronandoti a pagare e levarti dai coglioni. Ora che è passato qualche anno, le ho invece ascoltate tutte e per intero, almeno quelle presenti sul web. E l'ho trovato molto istruttivo. Ho capito, ad esempio, cosa si intenda in certi ambienti per comunista.
No, non un sistema politico che prevede la collettivizzazione dei mezzi di produzione e di scambio, come da precise istruzioni dell'uomo con la barba di nome Carlo; non si tratta di Carlo Cracco, per inciso. E nemmeno, in un senso più estensivo e meno tecnico, potremmo dire etico, una disposizione solidale e sussidiaria verso le persone meno avvantaggiate. Piuttosto, per Nicole Minetti e la quota sociale (certamente maggioritaria) di cui le sue parole compongono l'emblema – un araldo in cui non è difficile riconoscere il nostro vicino di casa, quello con il suv parcheggiato sempre a cavallo di due posti auto –, un comunista è una persona senza volto, già che non si riflette nello specchio ilare del proprio tempo. Un uomo triste, insomma. Uno sfigato.
Il concetto diventa molto più chiaro quando la Minetti, parlando al telefono con il padre, dice di aver conosciuto Giorgio Faletti, presente a una cena da comuni amici all'Isola d'Elba. "Testa di cazzo comunista", lo definisce subito. "O boia perché?!" ribatte il padre con schietto accento romagnolo. E lei: "Sai quella gente un po'… uff… un po'… insoddisfatta della vita."
Ed è su questa battuta che mi sono venuti in mente, per contrasto, i versi di una bellissima canzone di Claudio Lolli, purtroppo nel giorno doloroso della sua scomparsa:

Hai notato come sono rari e fievoli i sorrisi,
sulla bocca stralunata di un uomo in crisi,
come guarda sempre in basso, come cerca protezione,
come evita a ogni passo di attirare l'attenzione.

Parole semplici e dirette, nella cui concisa espressività poetica è riassunto tutto ciò verso cui la Minetti prova disprezzo. La fragilità umana. L'essere disallineati al mondo dei felici e influenti. Il desiderio di protezione. Ma soprattutto lo stralunamento, ovvero la condizione di chi sia espulso dal lato luminoso e radiante della luna, il lato della certezza, per essere confinati nel suo dark side, dove fanno tana incerte e pulsanti le possibilità non ancora realizzate, e che probabilmente non saranno mai.
Un'ombra dolente, dunque, la lacrima sul volto ceruleo di Pierrot, che per Nicole Minetti viene sveltamente detersa dalle sorti magnifiche e individualiste, e liquidata col termine spregiativo di comunista. Invece di scomparire si coagula però nella voce sussurrata di Claudio Lolli, per cui è la materia umana più delicata e preziosa. Ma, si sa, Lolli è un poeta, e i poeti  è ancora lui a dircelo, meglio a intonarlo in canto per ogni orecchio che sappia intendere “i poeti aprono sempre la loro finestra \ anche se noi diciamo che è \ una finestra sbagliata”.
Devo dunque all’igienista dentale di Rimini, che colgo l’occasione per ringraziare della dritta, e al grande poeta e cantante di Bologna che abbraccio con affetto, se ho scoperto di essere, in fondo, solamente un uomo in crisi. In pratica, un comunista.

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