sabato 4 agosto 2018

Franco Battiato, epitaffio post funebre di un "cialtrone" di talento


Battiato è moribondo, è praticamente già morto, ormai non capisce più niente. Battiato come Marchionne. Ma Battiato, dopo tre giorni, risorge, a conferma della natura ormai totalmente arbitraria dell'informazione, almeno quella che corre libera e spensierata tra i nodi della grande rete, conferendo al mezzo una vocazione assai più incline alla mitologia.
 Per nulla sorpreso delle emozioni suscitate da fatti ormai totalmente illusori, credo che il mito, antico o moderno poco importa, serva proprio a questo: dare forma a una prossimità fittizia con eventi e persone che sono da sempre, senza però essere stati mai. Il mito Battiato non fa alcuna eccezione, e non biasimo dunque chi vi aderisce, riversando i propri sentimenti in esternazioni certamente ingenue e scomposte, tra cui i numerosi epitaffi che in questi giorni abbiamo letto su internet.
 Ma nella sua parabola storica, in Battiato c’è un tratto tipicamente moderno, intercettato dall’acuto e compianto Tommaso Labranca in un libretto aureo di una ventina di anni fa. Il titolo è Chaltron Escon, Einaudi, 1998, dove a essere ironicamente parafrasato è il termine cialtrone, la cui figura invadente viene rintracciata in numerose espressioni della cultura contemporanea, tra cui appunto i testi di alcune canzoni di Battiato.
 Cialtrone ma anche kitsch o trash o camp, il suo saggio si occupa di tutto ciò, riconducendo il fenomeno a una tesi semplice quanto arguta, che dallo stesso Labranca viene così sintetizzata: “il kitsch è costituito dalla riproposizione inconsapevolmente degradata di modelli alti."
Prendiamo allora il testo di un celebre e bellissimo brano di Battiato, a cui è dedicato un intero capitolo del libro, una canzone in cui viene citata già dal titolo la prospettiva Nevsky, che come noto taglia orizzontalmente il cuore algido di San Pietroburgo. Il termine russo prospekt non va però tradotto in italiano con prospettiva, bensì viale, su cui viene incrociato "per caso", ma tu guarda alle volte il caso... Igor Stravinsky.
Ma perché proprio Stravinsky, e non mettiamo invece Boris Vattelapesca?
Semplice, perché è un modello alto, così come suona alto e sontuoso il riferimento alla prospettiva Nevsky, preferita al più modesto (e corretto) italico viale; che invece di un aura esotica e vagamente stereotipata ci ricorderebbe tutt'al più viale Forlanini, dove il protagonista di un'altra canzone di Jannacci si aggira con due occ de bun e le sue proverbiali scarp del tennis, utili quando per primo deve menà via, perché l'era un barbun...
Ecco, le canzoni di Jannacci sono allora genuinamente popolari, rappresentando il popolo più minuto, il sottoproletariato milanese degli anni sessanta e settanta così com'è. Al contrario, quelle di Battiato sono pop, già che il popolo, nei suoi testi, ha già subito la torsione imitativa che lo porta a emulare dei modelli alti, senza però ingaggiare lo sforzo culturale necessario al raggiungimento. Ed ecco dunque in cosa costituisce la "degradazione": il complesso, il difficile, l'articolato, che senza perdere la propria ambizione si travestono di semplicità, in un processo di abbassamento progressivo già descritto da Adorno nei suoi studi sulla musica popolare.
Ed è curiosamente paradossale che un uomo così cocciutamente intento a perseguire una sua vocazione inattuale  di musica, ricerca metafisica e civiltà , meglio di ogni altro artista abbia saputo cogliere e restituire lo spirito dei tempi, probabilmente e come avviene ai più grandi senza neppure essersene accorto. Uno Zeitgeist che fa rima con leggerezza, assenza di sforzo e interpretazione. Per evitare la fatica basta infatti tradurre viale con prospettiva, e il gioco è fatto! 

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