
Mi piace ascoltare le donne quando confabulano tra loro di maschi. Lo
faccio di nascosto, ovviamente. Lo faccio da un tavolino del bar Piero
con un bicchiere di Akram fresco davanti, fingendo di sprofondare lo sguardo dentro un giornale sportivo, gli unici che si trovano a quelle
latitudini. E quando arrivo alla pagina della scherma e degli
altri sport cosiddetti minori, un gruppo di ragazze con gli zainetti in terra sedute al tavolo accanto, bevono birra chiara direttamente dalla bottiglia, puoi star certo che una, quella che si rolla una sigaretta con il tabacco, già
avrà detto a un’altra: "Ti piace Giorgio?! Maddai, non vedi che è… è
BRUTTO!" "Ma no, cosa dici" ribatterà allora l'interlocutrice
piccata, "sarà bello quello che piace a te!"
Alla fine sono però arrivato alla conclusione che il dissidio, il più
delle volte, nasce dal fatto che stanno parlando di cose diverse, la bellezza è
un termine con mille sfumature ma andando per le spicce potrebbe essere
spaccato a mezzo, come il Lago di Como nei suoi due rami.
Da un lato abbiamo infatti la bellezza come forma misurabile e certa,
proporzione tra le parti, insomma esprit de geomètriè, mentre
dall’altro lato la bellezza si fa storia, narrazione. Una delle ragazze, in un
sotto testo che rimane purtroppo implicito, creando così confusione nel
discorso, sta dunque dicendo alla rivale: l’uomo che è per te sinonimo di bellezza, da un punto di
vista ingegneristico, presenta gravi lacune strutturali, è un ponte destinato a
crollare presto (guarda i capelli fini, a quarant’anni sarà già completamente
calvo), mentre l’altra gli sta rispondendo che la sua perfetta equazione
algebrica è del tutto priva di sostanza narrativa; un uomo che, come voleva il
vecchio spot di un profumo, non sa creare un sorriso, guardarti negli
occhi, parlare col viso.
Immutabile bellezza dello sguardo, semplificando, versus molteplice bellezza
delle storie, diverse tra di loro per quanto non si può certo dire infinite, come in un racconto di Borges. Diciamo che
pur non possedendo la granitica coerenza della forma geometrica, anche la
bellezza narrativa si offre tramite ricorrenze, che sono poi i generi letterari
o meglio ancora cinematografici, visto la scarsa confidenza delle giovani
generazioni con la lettura.
Se ne ricava che esistono molti modi di essere bello per un uomo,
almeno all’occhio indagatore e maieuta di una donna. La quale traduce in desiderio i possibili
incipit narrativi di cui dispone, quindi li proietta, direbbe uno psicanalista, se appena scorge un minimo di coerenza con ciò che vede, l'attore è in parte. A quel punto ci sono tutti gli elementi per iniziare il film comune, meglio se d’amore e con lacrimoso happy end, per quanto qualche sottotrama erotica non guasti… E dovrebbe essere per noi un sollievo, abbiamo svariate possibilità
di farla franca, tanti copioni e dunque tanti ruoli da interpretare. Mentre la bellezza femminile, dal nostro punto di vista assai
più angusto, da film di propaganda in bianco e nero, realismo socialista, è davvero solo due di due. Tertium non datur.
Fermo restando l’armonia estetica e un’età che non sconfini nel vintage –
configurazioni standard che i maschi sempre pretendono, come l’aria
condizionata nei veicoli moderni – ci sono quelli per cui una donna è bella
solo quando ricordi una Salomè tutta passi felpati e ventagli, e quelli quando evochi invece il fantasma candido della loro mamma, avvolto da un lenzuolo che faccia da tana per i cuccioli. Ok,
si dà poi il caso di chi abbia avuto una madre un po’ così... e dunque le voglia tutte e due. Puttana e Madonna. Pacco unico o separate, poco importa.
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