martedì 27 aprile 2021

Sfornation


Mi viene da vomitare ogni volta che apro Facebook, e leggo quello che la gente scrive su Facebook, me compreso; in fondo un orinatoio è fatto per pisciarci dentro, e solo in una circostanza su un milione, se ti chiami Duchamp, riesci a cavarci un'opera d'arte. In ogni modo un chiaro segnale, di più, un sintomo, che rientra nel mio sistema bioritmico. Succedeva anche a Thomas Bernhard, dopo un mese che abitava in un luogo gli veniva a noia, e se insisteva la noia si tramutava in fastidio, congestione, ripulsa e infine orrore. Un orrore, nel mio caso, che si appunta come una medaglia al disvalore sulle cose, fa esplodere con fantasie di tritolo palazzi e villette, per sterminare, quando non c'è più nulla da abbattere, ciò che rimane di quel monumento di cartapesta che la specie a cui appartengo si edifica da sola. Ne è defilata briciola il panettiere con la bustina bianca sul capo, pedala in un alba rugginosa con la cesta colma di biovi e francesi e michette, sono ancora tiepidi e fragranti, io sto dormendo ma mi piace immaginarlo canticchiare sfornation, la stessa contagiosa canzoncina di Ninetto Davoli in un celebre spot degli anni settanta. Solo trasferendosi in un luogo diverso, non migliore, diverso, il grande scrittore austriaco (sto parlando di Bernhard, non del panettiere e nemmeno di Ninetto che era romano de Roma, una di quelle persone che sembrano generate dalla geografia, più che dalla storia), Bernhard riusciva a placare la sua avversione; per breve tempo trovava il nuovo approdo persino simpatico e grazioso, se non proprio amabile. Poi doveva andarsene anche da lì, magari per tornare nell'odiato luogo di partenza, di cui si era provvisoriamente scordato la sensazione di ripugnanza; o forse, semplicemente, aveva iniziato a percepire lo spazio esterno come estraneo, con quello sguardo benevolo che i turisti riservano al folclore locale, anche quando contiene intollerabili abusi. Ne ricavo che, come per Bernhard, ma in fondo anche Ninetto, è giunto per me il momento di montare sulla mia bicicletta per trasferire sguardo e parole da un'altra parte, nel viaggio canticchiare sfornation, mentre qualcosa di radicalmente nuovo lievita al mio interno; se avrò forza e determinazione riuscirò a impastarlo e poi metterlo in forno, trasformarlo in pane. Ma già sapendo che anche quella parte, prima o poi, comincerà a procurarmi disgusto, il pane diventerà secco, i denti si spezzano se provano ad azzannarne la crosta, le mammelle delle mucche avvizziscono come tanti cazzettini mosci e privi di sperma, e tornerò a pisciare nell'orinatoio di Facebook. Che alla fine, chi non piscia in compagnia o è un ladro o una spia

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