Mi viene da vomitare
ogni volta che apro Facebook, e leggo quello che la gente scrive su Facebook,
me compreso; in fondo un orinatoio è fatto per pisciarci dentro, e solo in una
circostanza su un milione, se ti chiami Duchamp, riesci a cavarci un'opera d'arte.
In ogni modo un chiaro segnale, di più, un sintomo, che rientra nel mio sistema
bioritmico. Succedeva anche a Thomas Bernhard, dopo un mese che abitava in un
luogo gli veniva a noia, e se insisteva la noia si tramutava in fastidio,
congestione, ripulsa e infine orrore. Un orrore, nel mio caso, che si appunta
come una medaglia al disvalore sulle cose, fa esplodere con fantasie di tritolo
palazzi e villette, per sterminare, quando non c'è più nulla da abbattere, ciò
che rimane di quel monumento di cartapesta che la specie a cui appartengo si
edifica da sola. Ne è defilata briciola il panettiere con la bustina bianca sul
capo, pedala in un alba rugginosa con la cesta colma di biovi e francesi e
michette, sono ancora tiepidi e fragranti, io sto dormendo ma mi piace
immaginarlo canticchiare sfornation, la stessa contagiosa canzoncina di Ninetto
Davoli in un celebre spot degli anni settanta. Solo trasferendosi in un luogo
diverso, non migliore, diverso, il grande scrittore austriaco (sto parlando di
Bernhard, non del panettiere e nemmeno di Ninetto che era romano de Roma, una
di quelle persone che sembrano generate dalla geografia, più che dalla storia),
Bernhard riusciva a placare la sua avversione; per breve tempo trovava il nuovo
approdo persino simpatico e grazioso, se non proprio amabile. Poi doveva
andarsene anche da lì, magari per tornare nell'odiato luogo di partenza, di cui
si era provvisoriamente scordato la sensazione di ripugnanza; o forse,
semplicemente, aveva iniziato a percepire lo spazio esterno come estraneo, con
quello sguardo benevolo che i turisti riservano al folclore locale, anche
quando contiene intollerabili abusi. Ne ricavo che, come per Bernhard, ma in
fondo anche Ninetto, è giunto per me il momento di montare sulla mia bicicletta
per trasferire sguardo e parole da un'altra parte, nel viaggio canticchiare
sfornation, mentre qualcosa di radicalmente nuovo lievita al mio interno; se
avrò forza e determinazione riuscirò a impastarlo e poi metterlo in forno,
trasformarlo in pane. Ma già sapendo che anche quella parte, prima o poi,
comincerà a procurarmi disgusto, il pane diventerà secco, i denti si spezzano
se provano ad azzannarne la crosta, le mammelle delle mucche avvizziscono come
tanti cazzettini mosci e privi di sperma, e tornerò a pisciare nell'orinatoio
di Facebook. Che alla fine, chi non piscia in compagnia o è un ladro o una spia
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