sabato 3 aprile 2021

Gli indifferenti

 


Oggi pensavo a mio nonno. Pensavo che per lui, mio nonno Francesco meglio noto come Cechin, ma in fondo anche per l'altro, Alfredo, detto Pinin (tutti i miei nonni possedevano il suffisso -in nel nomignolo), per loro c'erano gli amici, i nemici e poi le persone che non li riguardavano, di gran lunga la maggior parte. E bisogna aggiungere che vivevano discretamente bene, senza la necessità di provare un soprassalto emotivo nei confronti di tutti, di tutto. Possiamo dire lo stesso di noi?

Il mio pensiero, che andava facendosi pensando, non era un pensiero prepensato e dunque pieno di dubbi, esitazioni, per ottenere una risposta ha avuto bisogno di impastare la memoria, cercare nomi, fare esempi. Guia Soncini, metti caso.

Io so a malapena chi sia Guia Soncini, abbiamo avuto uno scambio di poche battute sotto a un post Facebook, non ricordo se mio oppure suo. Ma anche in quel caso non ho avvertito il desiderio di approfondire, confrontarci, si è trattata per così dire una sveltina verbale, da entrambe le parti. Mi dicono abbia una penna graffiante e sarcastica. Ottimo, buon per lei, io vivo bene (non quanto i miei nonni, ma non mi lamento) senza entrambe le qualità, e tendo piuttosto al lambiccato/depressivo. Se ne può dedurre che lei mi sia antipatica?

Non direi, piuttosto un sentimento di serena e pacificata estraneità, simile allo sguardo di una mucca al pascolo. La stessa estraneità che mi ha portato a non leggere alcun suo libro – potrebbero dunque essere molto belli –, oppure scriverle in privato, telefonarle (non ho il suo numero), magari e perfino corteggiarla e farci sesso; ovviamente con il suo consenso, che, sempre per quel poco che so di lei, è altamente improbabile.

Estraneo, estranea, mi piace anche il suono, la consistenza fonetica del dittongo con cui si spegne ogni ardore nominale. Ma in un'epoca in cui siamo chiamati a prendere sempre posizione, non si riesce ad ammettere uno spazio, possibilmente ampio, intermedio al bianco e al nero, e che però non corrisponda al grigio; avrà un suo colore, che non ci riguarda.

Quel luogo prende così la forma di una rete da tennis, come quella su cui sosta, indecisa da che parte cascare, la pallina in Match Point: salvezza o castigo, odio o amore, follower o hater, guelfi o ghibellini, Milan o Inter. Una logica binaria a cui sento il bisogno di sottrarmi con tutte le forze, per recuperare una sana indifferenza.

Con ciò non voglio dire che le cose non differiscano, e al contrario vivere o, meglio ancora e più radicalmente, esistere, significa proprio differire, individualizzarsi; nemmeno un filo d'erba è uguale a un altro, a guardar bene. Ma non si può – fisicamente, proprio – farsi carico di ogni mutazione del paesaggio, e l'indifferenza sarà allora sana non quando si traduce nell'ignavia morale messa all'indice da Gramsci, e piuttosto facendo propria quella piccola particella, in, la stessa con cui si concludono i nomi dei miei nonni, a indicare una dimensione interiore che al rumore del mondo faccia resistenza, per recuperare una canzoncina tutta sua. In-differenza, dentro la differenza.

Se però cerco di corrispondere affettivamente prima ancora che razionalmente a tutti gli stimoli, parole, notizie, pseudo eventi, spot pubblicitari, brand, gruppi musicali, serie TV, libri, fumetti, contatti Facebook chiamati iperbolicamente "amici", o personaggi scambiati con persone (e viceversa) da cui siamo continuamente bombardati, finisco col confondere l'esperienza con un rapporto stimolo risposta pavloviano, che ha appunto nel mordi o fuggi, amico o nemico, il suo unico possibile referente.

O per dirla con semplicità, la biografia è una terra dai confini molto più ristretti di quelli della comunicazione, e a quella patria sento di dover tornare se voglio abbozzare una risposta non caricaturale, sommaria. Una risposta mia che, per usare le parole di un altro filosofo, si sottragga al "si dice".

Lo so che non posso essere presente (e questa è spesso una fortuna) in ogni luogo in cui si dia una guerra oppure un bacio, ma per restituire senso alla parola bacio e alla parola guerra la rappresentazione mediatica o, comunque, mediata, non mi è più sufficiente. E non è forse nemmeno una questione di prossimità fisica, quanto di attitudine che la moltiplicazione dei segni a cui siamo richiamati perverte: io non penso e dunque sono, ma sono dove penso, dove mi penso in rapporto con il mondo.

Ma esiste ancora e soprattutto esiste di questi tempi, una vita che non ne sia il riflesso depensato? Se c'è voglio quella cosa lì, non possedere un'opinione su tutto ciò che orecchio, sbircio, leggiucchio. Scriveva Terenzio: "Homo sum, humani nihil a me alienum puto" (sono un uomo, niente di ciò che è umano mi è estraneo). Bellissima frase, perfetta per i Baci Perugina. A cui oggi mi sento di rispondere: Caro Terenzio, hai perfettamente ragione. Ma hai mai sentito parlare di Guia Soncini?

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