sabato 24 aprile 2021

Preghiera, o sul perché, da laico, prego con Papa Fracesco

 


Io ho due passioni: le arti marziali miste o MMA, uno sport da combattimento dove gli atleti si scannano all’interno di un ring ottagonale perimetrato da una gabbia, con l'unico limite di non mordersi o cavarsi occhi e genitali, e la teologia.

Una volta mi piaceva molto anche sostare dietro ai distributori in compagnia di giovani prostitute slave, nelle narici odore di preservativi sottomarca, profumi ugualmente sottomarca misto a sudore di ascelle, pube e altri parti anatomiche, infine idrocarburi, quelli finalmente di pregiatissimi marchi: Agip, Esso, IP.  Ma come recita Qoèlet, c'è un tempo per ogni cosa, e quel tempo è ora trascorso. Con esso anche quello di infilarmi in una gabbia a petto nudo per vedere se sopravvivo a un essere umano simile a me – simile anche nel terrore che precede l'ingresso –, già che come sostiene l'antropologo e fighter Daniele Bolelli, "compito di ogni uomo è diventare un eroe". Mi rimane dunque solo la teologia.

Forse a qualcuno è sfuggito, ma Papa Francesco ha inaugurato una maratona vaticana di preghiera, con cui si propone di contrastare gli effetti della pandemia, diciamo pure sconfiggerla. Gli ha risposto dalle pagine di la Repubblica Vito Mancuso, per cui l'iniziativa rappresenta una forma regressiva di spiritualità, basata su una visione superstiziosa e clericale del divino, intrisa di elementi magici e neo pagani. Io non sono d'accordo.

La questione è più complessa e delicata, toccando aspetti essenziali non solo del cattolicesimo romano, ma anche della radice giudica da cui diparte. Sergio Quinzio, ex ufficiale della Guardia di Finanza e raffinatissimo pensatore, aveva portato il problema al suo intrinseco paradosso: onnipotente e misericordioso, quando siano aggettivi ricondotti a Dio o, anche solo, a un dio, si escludono reciprocamente, come la vicenda storica testimonia - stupri, guerre, terremoti, ma anche bimbi soggetti a scandalo, violenza. Dov'era Dio in quei momenti? Dunque se Dio è impotente è inutile pregarlo, ma anche se è un po' stronzo.

Papa Bergoglio mostra al contrario fiducia nelle possibilità di convivenza tra gli attribuiti divini, con ciò iscrivendo il proprio pontificato dentro l'ortodossia cattolica, di cui in fin dei conti è legittimo rappresentante. Negare che la preghiera possa influire sull'ordine del mondo, o, più radicalmente, neppure a Dio sia concessa la ricreazione del creato, significherebbe condurre il pensiero oltre il limes della tradizione fondata sui testi: “Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto" (Luca 11, 9-10).

L’obiezione di Vito Mancuso si colloca così in un orizzonte post cattolico, come da lui rivendicato da tempo, bisogna dire con qualche buona ragione. La prima mi appare la soluzione escogitata già da Leibniz per rispondere all'annoso problema della presenza del male, tradotto con il termine teodicea: Dio si fa piccino piccino per rendere liberi gli uomini, estremo gesto d'amore che limita lo slancio amoroso di un suo futuro soccorso, ad esempio nel caso di una pandemia.

Immaginare un pontefice romano post cattolico, è però chiedere un po' troppo all'immaginazione religiosa. Ma anche all'immaginazione laica e post cattolica, se non addirittura post cristiana, che dovrebbe essere possibilista verso le possibilità della preghiera, ad esempio mettendo seriamente a tema le acquisizioni della fisica delle particelle, meglio nota come meccanica quantistica.

Da Heisenberg in poi, è accertato l'assunto per cui non esiste un osservatore della realtà che sia realmente esterno, ma, perlomeno a livello infinitesimale, la dimensione puntiforme della materia è intrinsecamente legata allo sguardo che la interroga, e su di essa pone delle aspettative, più o meno consce. La preghiera è in buona sintesi proprio questo: una forma strutturata e spesso rituale di aspettativa sulla vita, che cerca di riconfigurarne il corso, o come direbbe un fisico far collassare la funzionane d'onda. In cui la realtà tangibile è come se evaporasse in assenza di un testimone, rendendo, almeno in potenza, il Figlio creatore quanto il Padre. E l'uomo demiurgo.

Certo, tra uomo e mondo, in un'ottica religiosa, si pone il tramite di una divinità separata, oltre che vagamente distratta. Una sorta di gioco di sponda che non ha finora offerto grandi prove di precisione, né di sollecitudine. Ed è appunto l'obiezione di Sergio Quinzio. Ma non possiamo liquidare la preghiera come un retaggio arcaico e superstizioso, e ciò sia a livello scientifico sia spirituale. Piuttosto, un modello compatibile per quanto non accertato né accertabile; compatibile con la tradizione, nel primo caso, e con le equazioni fisiche nel secondo.

Tra Vito Mancuso, che pure seguo e apprezzo, e Papa Bergoglio, nella circostanza mi sento dunque in sintonia con il secondo, più volte criticato per occuparsi troppo del mondo e poco di Dio. E invece no, per una volta assume radicalmente il suo ruolo di pontifex, ossia facitore di ponti tra il piano della materia e quello dello spirito. Da politico progressista, Francesco, torna così a essere sciamano. Quando il telefono rosso tra i due regni si chiama proprio preghiera.

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