martedì 23 marzo 2021

Un uovo

Uno per andare all'osteria doveva percorrere tre o forse anche quattro chilometri a piedi, la strada era una statale in cui si manteneva sul ciglio. Si trattava di un omino dai capelli rossi e un'età indefinita. All'osteria poi beveva e, nel percorrere i tre chilometri, forse quattro, in senso contrario, alle volte si addormentava senza smettere di camminare, rimanendo in piedi come fanno i cavalli.

Non è chiaro se si trattasse di sonnambulismo, ma non era infrequente che si trovasse al centro della strada, addormentato, con le automobili che dovevano inchiodare per non investirlo, oppure sterzare bruscamente invadendo l'altra corsia. Quando finiva nel cono di luce degli abbaglianti, qualcuno, sulle prime, lo scambiava per un capriolo, di cui anche i cartelli stradali segnalavano il passaggio. Così oltre a frenare suonava ripetutamente il clacson. Che succede!, diceva lui fermandosi e sfregando gli occhi cisposi, ma riguadagnato il margine riprendeva a camminare tranquillo.

Compresa la situazione, gli automobilisti più scrupolosi si offrivano di accompagnarlo a casa, invitandolo a essere più prudente, con quel tono di voce che si usa con i bambini. Sì sì diceva lui, devo avere bevuto un goccetto, e all'arrivo faceva un dono per ringraziare: un uovo fresco, è delle mie galline!, e lo tirava fuori dalle tasche con la naturalezza del prestigiatore, una colomba bianca che prende il volo in un teatro.

C'era chi gettava l'uovo dopo poche centinaia di metri, giù il finestrino e via. Ma i più, presi alla sprovvista, lo riponevano nel cruscotto, dove veniva regolarmente dimenticato. Passato un mese l'abitacolo aveva l'odore delle fialette puzzolenti che, nei giorni del Carnevale, si spezzavano sotto il banco degli studenti più secchioni. E l'automobilista si ricordava dell'omino con i capelli rossi che camminava dormendo in mezzo alla strada.

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