Giovanni Brusca è un uomo libero. Dopo venticinque anni di detenzione e con quarantacinque giorni di anticipo, il boia di Capaci è stato scarcerato oggi, adesso dovrebbe seguire il
reinserimento nella comunità umana di appartenenza. Ma Brusca è l'emblema del
non umano, qualcuno obietta, Brusca non ci appartiene,
e da qui si rinfocola un’annosa polemica sui delitti e le pene, risolta con forse
troppa virtuosa fretta dal Beccaria.
Più che con l'ottimismo di quest'ultimo, io suggerirei allora di guardare
all'intera questione con gli occhietti azzurri e affilati di Schopenhauer, con
il suo disincanto. Per Schopenhauer, in seguito scopiazzato da Freud, nel
sottosuolo psichico convivono due forze impersonali, a contendersi la scena di quella rappresentazione illusoria chiamata individuo. La natura, e la
specie.
Alla natura interessa solo una replicazione infinita di sé; mangiare e
riprodursi sessualmente, semplificando. La specie ci vorrebbe invece indurre a
una convivenza altrettanto necessaria, viste le limitazioni fisiche che ci
contraddistinguono; e convivere significa non doverci sbranare per mangiare,
non sbranare per accoppiarci, non sbranare il tuo simile, punto e basta,
stabilisce infine la specie, e per essere ancora più convincente fa esprimere
quel precetto dalla voce di un dio. Ma la natura non è così convinta...
L'inumano, per Schopenhauer, è dunque un modo diverso e un po' fighetto per
dire la natura, e l'umano è la specie o se si preferisce quel suo sottoprodotto costituito dalla civiltà. La questione andrebbe allora riformulata
in termini interrogativi: compiere gesti inumani, come quelli di Brusca,
gesti naturali e perciò contrari alla specie, ci fa automaticamente coincidere
a tempo indeterminato con il nostro gesto, oppure noi siamo il gesto solo per
un tempo provvisorio, che il codice penale cerca di stabilire?
Esiste in realtà anche una terza ipotesi, e cioè che l'umanità possieda ma non sia i propri gesti, o meglio ancora li faccia
come una mucca fa il latte; una mucca non è infatti il suo latte, e così neppure gli
uomini sarebbero i loro gesti, non importa quanto criminali. In tal caso la
detenzione diviene incompatibile con la specie, già che a gesto compiuto io non
sono più quella persona, non sono la mano che ha innescato la bomba o premuto
il grilletto. Potremmo sintetizzare il concetto con una formula: fare diverso da essere.
Per fondarsi giuridicamente, la punizione ha così bisogno di una preliminare fondazione filosofica, in cui gesto ed essenza umana (per i più colti e snob, essere ed esserci) sono chiamati a identificarsi, o perlomeno a riflettersi. Ma in tal caso la lunghezza di
una pena non sarebbe proporzionale alla gravità del reato, come ci viene
ripetuto, ma piuttosto espressione del sovrapporsi percettivo tra comportamento e
persona. Quando la specie avverte, del tutto discrezionalmente, che non sei più
il gesto per cui ti ha escluso, puoi essere reincorporato nel cerchio sterilizzato della civiltà, puoi essere liberato
come Brusca.
La soluzione a questi dilemmi è meno scontata di quel che sembra, e la
specie, nel corso del tempo, si è data risposte diverse e non di rado
contraddittorie. Nel caso specifico, se la comunità dei cittadini italiani o,
perlomeno, la sua larga maggioranza identificasse ancora Brusca nei suoi gesti
delittuosi, potrebbe inventare qualche cavillo legale per confinarlo nuovamente al
margine, occultando l'inumano del suo corpo in qualche carcere speciale. Perché
l'inumano è osceno, in quanto troppo naturale per la specie.
In fondo il diritto è una piccola utile menzogna, che ci fa percepire la
natura quanto più possibile lontana. Ma in realtà è sempre lì, sempre dentro,
sempre noi, e ci guarda con lo sguardo ottuso e feroce di Giovanni Brusca, che fa
tutt'uno con quello furbo Schopenhauer.
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