Faccio un’integrazione al post che ho pubblicato ieri su destra e sinistra,
in cui associavo la sinistra contemporanea a Lupo de Lupis: un lupo, sì, ma
pure tanto buonino.
Il ragionamento prendeva le mosse dalla questione dell’identità
transgender, che è divenuta un elemento di discrimine per gli schieramenti
politici. Io sono ovviamente favorevole a ogni forma
di diversione rispetto a un ordine illusorio – è come si dice una battaglia di civiltà, specie nei diritti connessi
– ma mi chiedevo se lo stesso domandarsi “chi sono io” in relazione al corpo e
ai suoi appetiti, non contenga già a monte un’opzione politica di natura
implicita. E, in quanto implicita, non è mai stata messa seriamente a tema, introducendo un
ribaltamento dei tradizionali indicatori di destra e sinistra.
Agli albori della rivoluzione industriale, dove si pone per la prima volta
la suddivisione tra destra e sinistra, l’identità personale si giocava in buona
parte in relazione alla stirpe e al lavoro, e il concetto di alienazione
corrisponde proprio a un mancato riconoscimento dell'individuo nel lavoro
divenuto seriale. L'individuo, oltre alla povertà, pativa così anche il
disconoscimento del suo gesto nel processo di produzione, e con esso un
disconoscimento più generale dell'essere persona.
Il fatto che si presenti ora una richiesta di riconoscimento fuori dal
lavoro e dalla stirpe, da intendersi come quel noi senza cui l'io manca di uno
specchio in cui riflettersi, potrebbe far pensare che a quel livello non
esistano problemi: la stirpe si è risolta in una fraterna appartenenza dentro
il cerchio dell’umano, e il lavoro non è più rilevante, i soldi ci sono,
arrivano, non importa come e da dove, secondo il modello della società
affluente. Solo a quel punto la ricerca dell'identità può essere trasferita al
corpo, nel desiderio del corpo o meglio ancora nel suo godimento, per seguire
l'intuizione di Lacan.
In effetti esiste una componente sociale per cui le cose stanno a questo
modo: i ricchi. Per i poveri, i problemi del lavoro e della stirpe (non di rado
sovrapposti, ad esempio nella percezione che gli “extracomunitari ci portino
via il lavoro”) sono ancora impellenti, ma trovano udienza solo negli slogan
politici di destra. Risposte spesso rozze e semplificate, ma comunque risposte.
E se a uno spiantato fosse attratto dalle persone dello stesso sesso, o di
entrambi i sessi, qualcuno mi obiettava. Non ho dubbi che ciò accada, e anche
di frequente. Ma sospetto che la propensione erotica, in questo caso, non venga
accompagnata da un ruminare attorno alla propria identità e alla sua pubblica
affermazione: si fa e basta, con la stessa vitale noncuranza con cui i
sottoproletari romani montavano sulla Giulia GT di Pasolini, per andare a fare
sesso in qualche campetto della periferia. Quando rientravano sporchi di sperma
e di sudore, immagino non si chiedessero se fossero gay, queer, transgender, ma
si spendevano i quattro soldi della marchetta in Marlboro e Sambuca Molinari;
se rimaneva qualche spicciolo lo infilavano dentro al juke-box, per ascoltare
l’ultimo successo di Peppino di Capri.
Cercare risposte alla domanda di senso sul proprio essere con altri, cercarla al di fuori dalla stirpe e dal lavoro,
rappresenta dunque un superamento del piano materiale di esistenza, ossia una
condizione in qualche modo privilegiata, almeno nel presente. Ciò non ne
scredita il valore, e anzi dovrebbe essere l'obiettivo di una società virtuosa:
emanciparsi dai vincoli anche psicologici determinati dai rapporti di forza,
rapporti politici ed economici e produttivi, in cui trovare collocazione sullo
scacchiere di un mondo sempre più allargato. Il fatto è che quella società è a tutt’oggi un’utopia, e
i problemi di lavoro e stirpe sono più urgenti che mai.
La destra si rivolge a chi vive ancora tali problemi, problemi materiali,
problemi che per Marx determinano la sovrastruttura ideale e quindi l'identità,
come ha sempre fatto la sinistra storica ispirata dal materialismo dialettico;
la stirpe veniva chiamata classe, ma cambiava poco. Mentre la nuova sinistra
post tutto intercetta problemi diversi, ugualmente urgenti e rispettabili ma,
come dire, un po' da ricchi, da chi ha la botte piena e ora vorrebbe anche la
moglie ubriaca. E in una società sempre più impoverita e incerta, è condannata a perdere.
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