È sempre interessante osservare il funzionamento di Facebook. Se un post,
appena pubblicato, viene subito letto e timbrato con un pollicione blu, questo post
viene rilanciato con maggiore vigore dal famigerato algoritmo, e quindi letto e
timbrato da un numero sempre maggiore di persone. Diversamente, sbagliando
l'orario di pubblicazione o ancora peggio dimenticando di fare il simpatico, il battutaro, il cazzone, oppure di essere
polemico, ruffiano, lillipuziano, gnomico, sul pezzo, sentimentale, politicamente corretto (mi
raccomando le quote rose e i palestinesi), amante dei bambini, o, meglio, delle cose buffe che dicono i propri bambini, quelle che fanno i gattini e, ma
questo vale solo per le donne, eroticamente ammiccante (mi raccomando le foto
mentre andate in bicicletta con un abitino di cotone a fiori), l'algoritmo di
Facebook è come se accantonasse il tuo post in attesa di tempi migliori, rilanciando
quelli caratterizzati dai contenuti sopracitati, che immediatamente fanno
breccia.
Il risultato è che davvero il mezzo diviene il messaggio, secondo la felice intuizione di Marshall McLuhan. Ma ciò che io trovo inquietante è che la stessa dinamica di marginalizzazione preventiva dell'eccentrico – eccentrico in senso letterale, fuori centro, da non confondere con la bizzarria, sempre gradita in quel carnevale esteso che sta divenendo il mondo –, l'eccentrico è a ogni livello confinato, seguendo la medesima strategia di ratifica delle scorciatoie del consenso, che come una valanga monta il successo per autogenesi cumulativa.
Pensiamo all'editoria, un tempo la circolazione di un libro era determinata
dai giudizi lusinghieri della critica, ora sostituiti dalla collocazione nella
classifica di vendita; viene seguita anche dai librai più pigri per indirizzare
l'acquisto: prenda un Carofiglio appena sfornato, è secondo in classifica,
vedrà com'è soffice e ben cotto, non resterà deluso. Ma a questo modo chi vende subito continuerà a
vendere sempre più, non c'è nemmeno un complotto alle spalle, sono i lettori a
stabilire la loro sorte. Potremmo dire con un gioco di parole che il
con-formismo ha sostituito la formazione, che ha la necessità di un procedere
lento e meditato.
Sensazione dunque, rapporto stimolo risposta, behaviorismo da slogan
pubblicitario, in cui i pubblicitari che determineranno la sorte dei prodotti
sono gli stessi consumatori. Se vogliamo che i nostri post vengano letti e i
romanzi pubblicati, facciamoci allora una domanda: chi sarà il primo a
leggerli, a che ora aprono le librerie? Perché nel primo boccone, come per
Adamo ed Eva con la mela, è già compreso il destino del frutteto.
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