domenica 20 giugno 2021

Amici addio

 

Romano Madera, in una lezione presso Philo, l'associazione di pratiche filosofiche da lui fondata, suggerisce che la pandemia è stata sociodelica, e cioè ha contribuito a portare in superficie (quindi rendere evidenti) le strutture sociali sottostanti, il dispositivo lo chiamerebbe Foucault.

Non è necessario ascoltare i filosofi per avere una vita ricca e piena – si può campare fino a cent'anni senza aver mai letto Freud, cantava Rino Gaetano – ma tutte le volte che ascolto la voce pastosa di Romano Madera mi sembra di sentirmi non tanto più intelligente, ma bello. E quando si entra nella scia della bellezza, il corpo, di cui il cervello fa parte, ha reazioni simili a quelle dei danzatori: inizia a muoversi per integrarla con propri ricami, che non ne oscurano la matrice originaria ma la fanno fiorire.

Nella circostanza, ho aggiunto al quadro il dettaglio che, oltre a essere sociodelica, la pandemia è stata anche antropodelica, rivelandoci un lato nascosto nelle persone che conosciamo, o meglio pensavamo di conoscere e ora si mostrano con un volto nuovo, spesso inquietante. Per accordarci al pensiero di un altro filosofo, potremmo vederla come un'estensione della metafisica del tragico proposta da Lukács, in cui il significato dell'esperienza si offre per illuminazioni puntuali e spesso drammatiche, nelle quali vengono ricapitolate porzioni di vita molto più ampie.

La pandemia, dunque, come ricapitolazione del nostro tempo e dei nostri amici, a volte meno amichevoli di quanto eravamo portati a credere. Ma in fondo una crisi dovrebbe avere proprio questa funzione: distinguere, discriminare (krino) il grano dal loglio. Quindi scegliere cosa tenere e cosa buttare, perché ormai inservibile o trascorso.

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