Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg, nipote di Leone Ginzburg e Natalia
Levi, meglio nota come Natalia Ginzburg, scrive su Facebook di essere
orgogliosa di "provenire da una famiglia dove nessuno mai ha mosso un dito
per aiutare un familiare per motivi di lavoro. Dove tutto quel che si raggiunge
(o non si raggiunge) e’
Ho letto più volte questo post, pensando che ci fosse un errore e le sue
parole fossero una citazione; che so, da Aldo Busi, cameriere in giro per
l'Europa per trovare una voce autoriale ma soprattutto i soldi per acquistare
qualche libro, di cui la libreria di casa era sfornita; ammesso che una
libreria vi fosse su cui posare i centrini ricamati.
Invece no, Lisa Ginzburg è davvero convinta che nascere con un pedigree
intellettuale sia lo stesso che nascere meticci, dovendosi inventare da soli il
nome della propria razza. E così mi è venuto in mente quando, anni fa, dovevo
pubblicare un libro di poesie con la prefazione di Valerio Magrelli. Alcuni
mesi prima Valerio Magrelli mi aveva intervistato per Avvenire –lui me, non io
lui, quello che si dice il mondo all'incontrario –; c'eravamo stati subito
simpatici e ci sentivamo di tanto in tanto.
Senza quella conoscenza e quella prefazione, a nessuno sarebbe venuto in
mente di pubblicare le mie poesie; e nessuno, in effetti, le ha mai pubblicate,
già che dopo averle rilette ho chiamato Magrelli: "Valerio, non se ne fa
più nulla. Come poeta io non valgo un cazzo. Va bene così, grazie
comunque."
Ora io non voglio insinuare che Lisa Ginzburg, come scrittrice, valga
quanto me come poeta, ma certi cognomi in certi ambienti sono molto più di un
dito mosso: sono un'intera mano, un braccio, un esercito di bicipiti; non hai
nemmeno bisogno di una persona meravigliosa come Valerio Magrelli per scriverti
una prefazione, il tuo cognome è già una prefazione.
Ecco, volevo dire solo questo. Lisa Ginzburg continua a essermi molto
simpatica, ha un bellissimo sorriso e la trovo anche brava in ciò che fa. Ma a
volte dà l'impressione di essere uscita da un film di Ken Loach, di provenire
dai quartieri spagnoli delle lettere e non dal barrio alto. In fondo basterebbe
dire: grazie, sono una privilegiata, sono nata con la camicia anche se ho poi
saputo trasformarla in aquilone, con la complicità involontaria di quel vento
che si chiama famiglia Ginzburg.
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