Su Radio3, questa mattina, una trasmissione sull'identità transgender; un giovane uomo intervistato racconta le difficoltà psicologiche e sociali e soprattutto familiari per vedersi riconosciuta la fluttuazione tra i generi. E cioè per essere riconosciuto tout court.
E le difficoltà materiali?, mi chiedevo ascoltando il programma.
L'uomo non vi faceva mai riferimento, dando l'impressione che esistesse un
costante e spontaneo flusso di denaro – la cosiddetta società affluente – a consentirgli il salto di scala; Marx chiamerebbe questo piano sovrastruttura, con le connesse dinamiche di formazione di un pensiero critico, affermazione
personale, identità sessuale o meglio ancora sessuata.
Come se questa fosse l'unica identità ancora possibile, dopo che, per oltre
due millenni, l'identità si è posta in relazione alla stirpe e quindi al
lavoro. Con la stirpe che è divenuta nel frattempo nazionalismo, dobbiamo
dedurre che i problemi legati al lavoro siano stati nel frattempo risolti?
Se fossi stato il conduttore del programma di Radio3, avrei girato la
domanda alla famigerata casalinga di Voghera, oppure a un metalmeccanico di
Piombino, una sarta di Sesto San Giovanni, un bidello di Reggio Calabria, o alla schiera di pony express che mi portano i pacchi di Amazon.
La risposta non è ovviamente arrivata, ma ho provato a identificarmi per un
momento anche con queste persone, ricavandone l'impressione che del travaglio
di un transgender, a la maggior parte di loro, non gliene importi poi molto,
avendone già abbastanza dei propri che stanno a un livello molto più basso e
concreto, in cui non esiste alcun flusso spontaneo di denaro di cui essere
ignaro bacino di raccolta.
Intuendo ciò, ho anche intuito come mai la sinistra sarà destinata a
perdere, almeno finché ci saranno problemi di sinistra che ricevono risposte di
destra; risposte rozze e svianti, ma comunque risposte, del tipo che i
transgender in fin dei conti sono solo froci, e bisogna occuparsi dei
"problemi reali della gente".
No, i transgender NON sono froci (nessuno è frocio!) e anche loro fanno
parte della gente, i problemi in cui
si dibattono sono reali e meritevoli di attenzione. Ma come negare un tratto
che abbiamo definito sovrastrutturale nella loro condizione, che non è un'onta
ma presuppone l'appianamento di problemi anteriori. Ed è così che il travaglio
identitario raccontato nella trasmissione radiofonica, viene forse avvertito
come lussuoso dalla casalinga di Voghera, il metalmeccanico di Piombino, la
sarta di Sesto San Giovanni, il bidello di Reggio Calabria, i corrieri Amazon e
soprattutto i disoccupati di ovunque.
Quella che ho appena fatto è però un'affermazione oscena per il nuovo pensiero di sinistra, anch'esso ormai totalmente identificato con i problemi, come già detto reali, di un'immaginaria società affluente. E cioè senza tanti giri di parole: con i ricchi, e però sensibili. Come Lupo de Lupis, che è lupo, sì, ma pure tanto buonino.
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