domenica 7 marzo 2010

Il prato delle giostre


Il prato delle giostre, ma senza giostre. Cosa lo distingue, intendo, da ogni altro prato?

Forse andrebbe allora riscritto: il prato delle giostre dopo le giostre.

E' un campetto smilzo e spelacchiato, simile alla campagna che arretra in un rassegnato borbottio di ruspe, una periferia come tante, di una piccola città di provincia.

Solo un poco più ammaccato, questo sì, gli steli d'erba torti dal calpestio di Nike e stivaletti con la cerniera in tinta, chiusa di lato.

Trascorse poche settimane, il prato delle giostre dopo le giostre che vengono e vanno, più spedite di un rondone, sa però riprendersi ciò che era suo. La natura non ha bisogno di una lunga riabilitazione.

E scocca spudorato il giallo del tarassaco, non ha dubbi d'amore la margherita, mentre il trifoglio dilaga tra i mozziconi occulti delle Marlboro. Adesso è davvero un prato come tutti gli altri, guardalo!

Lo fai, spalmi la retina di clorofilla, i bastoncelli rassicurano i neurotrasmettitori che ogni cosa sta al posto suo: un prato, sì, uno a caso tra gli immensi sbadigli della terra.

Eppure qualcosa ancora non ti convince. E il prato delle giostre dopo le giostre, hai di nuovo cambiato opinione, torna a essere il prato delle giostre, senza giostre.

Il gettone di plastica dell'autoscontro, la coda di Provolino da acciuffare nello slancio pelvico del calcinculo; riecco la ragazza corvina che ti porge il fucile come l'eucarestia - hai già detto tre volte no, grazie - e con l'altra mano un pescetto rosso e spaurito, nella porzione di oceano che gli spetta: un bicchiere.

No, non è tutto questo che ti manca, il tuo pugno non ha mai fatto decollare l'impeto marziale della lancetta fino a superforzuto.

Sono le case, proprio, i palazzi tutt’intorno a chinarsi su quello spazio nuovamente vuoto, oscenamente vuoto e stranamente silenzioso, a reclamare la restituzione della nuvola di zucchero filato.

C'è come una memoria nelle cose, una presenza, che rende ingombrante e viva ogni minima assenza.

Così se qualcuno, improvvisamente, sapesse restituire verità alla più terribile tra le domande, tanto da rispondere al suo Ciao, come stai?, con la più vera e terribile tra le risposte:

 Sto come il prato delle giostre. Ma senza giostre.

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