domenica 28 marzo 2010

Come è profondo il mare2, in risposta a Federica


Vista l'importanza del tema, mi permetto di espungere un breve commento che la scrittrice Federica Sgaggio ha lasciato in calce al mio precedente post, dandogli qui forma autonoma. A cui segue un più articolato tentativo di rispondere alle sue fondate obiezioni, ma soprattutto di integrare quanto da me scritto in precedenza sull'argomento.
Regolandomi a questo modo, mi rendo però conto di vampirizzare un poco la sua cortesia di lettrice attenta, in uno scambio che finisce con l'essere asimmetrico. Nel caso si sentisse in qualche modo usurpata, le offro dunque anche uno spazio pubblico di risposta: senza intromissioni, intendo. E se e quando e come vorrà.
Ma anche l'invito a lanciare altri e diversi soldini in questa fontana, dove la sua presenza sarà sempre gradita. Ne approfitto infine per segnalare l'ottimo blog curato da Federica, e il libro da lei recentemente pubblicato per Sironi. Il cui titolo, come il blog, è Due colonne taglio basso.

E dunque, dallo spazio dei commenti di Fontana con soldino:

Hai ragione; ma quando scrivo credo di avere il compito di rendermi comprensibile.
Questo lo stesso non significa che capiranno tutti, per molte ragioni.
Ma secondo me l'ermetismo programmatico è una stronzata; anzi: a volte è un tentativo di vincere la gara basica del «sono meglio di te che non capisci quel che scrivo».

Federica Sgaggio


Cara Federica, il tema è certamente complesso, sfumato. E io l'ho affrontato con la foga sbrigativa dell'orario in cui ho scritto il mio intervento: le due di notte, dopo un abbondante cena a base di stracotto d'asina e vino valtellinese.

Molto c'è ancora da dire, sono d'accordo. Ma l'elemento che ora tu introduci - "ermetismo programmatico", lo definisci - non mi pare che contraddica quanto da me approssimato fino ad ora. Non era insomma e certamente un invito a scrivere tortuosi e incomprensibili labirinti di parole, a dribblare la flagranza della lettera verso i gemelli diversi dell'iperbole e dell'eufemismo.

Eppure, ti assicuro che ci stanno delle persone, io le conosco e a volte perfino frequento, che non capirebbero l'espressione "ermetismo programmatico", su cui la mia lettura non si è invece impuntata come offesa personale all'intelligenza interpretativa. Cosa dovrei fare dunque, invitarti a tornare indietro e riscrivere tutto da capo, per contenere anche il loro smilzo ciuffetto di parole nella zuppiera di questo blog? Sono miei amici in fondo, annaffiamo il vino con lo stesso Campari.

No Federica, non te lo chiedo. Perché mi sono rassegnato al fatto che, per quanto compagni di bancone, le stesse olivette e cipolline sempre più avvizzite nell'aceto, questi amici non saranno mai i "lettori impliciti" di quel che scrivo; e probabilmente di quel che scrivi anche tu, non avertene...

Ma anche solo per curiosità, cerchiamo di scovare un'espressione che potrebbe essere adatta a questo genere di lettori, vediamo... Che te ne pare di "difficilino"? Sì, invece che ermetismo programmatico, difficilino: uno scrittore non dovrebbe mai essere difficilino.

Cercare viceversa il suono leggero di un paio di pattine - ehi tu, togliti gli stivali, la polvere del mondo, prima di entrare nel mio testo - le pattine che scivolano lievi su piastrelle appena lucidate: frrr frrr, anzi, pat pat... Ma che accidenti di suono faranno, queste cavolo di pattine?

Perché, lo vedi e lo sai benissimo anche tu, Federica, che non c'è nulla di esattamente traducibile in parola. Qualcosa sempre sfugge, bisogna approssimarsi con immaginazione, sforzo e pazienza. E però ci stanno delle persone che vorrebbero che la pazienza e l'immaginazione e soprattutto lo sforzo, ce li mettessi solo tu. Nessuna fatica per loro, solo svelto godimento; il godimento meritato dai giusti al termine di una vita emendata da ogni conflitto, sia pure e solo interpretativo.

Ecco Federica, per quanto io creda di avere compreso la sostanza del tuo intervento, quindi condivisa, immagino che anche a te non piacerebbe un mondo dove non si possa scrivere ermetismo programmatico, ma solo difficilino. Un mondo dove lo scrittore è il vietnamita curvo e sudato sopra il manubrio del suo triciclo. Appena dietro lui due turisti americani, sono seduti comodamente nella panchetta di vimini ricoperta da un telo, le camicie fiorate e i telefonini branditi come Nikon. A ogni svolta nella via affollata dai commerci fioriscono i loro "wonderfull", "look at there", "oooh... such a pretty outlook"!

No, in letteratura e perfino giornalismo non si dà panorama senza un minimo sforzo, nessuna panca in cui accasciare le chiappe sformate dagli hot dog. Così, se ci stanno dei pedali, la narrazione è un tandem. Una pedalata io, ma una pedalata anche per il lettore.

1 commento:

  1. Sì, e lo dicevo anche, Guido.
    Scrivevo che "credo di avere il compito di rendermi comprensibile. Questo lo stesso non significa che capiranno tutti, per molte ragioni".

    Questo vuol dire che so che c'è gente che non capisce ugualmente, per un'infinità di ragioni di cui facciamo che ora non ci interessiamo.

    "Ermetismo programmatico" non è lo stesso che "difficilino".
    Uno può scrivere difficile senza volerlo; o essere interpretato come scrittore difficile per motivi legati al lettore più che allo scrivente.

    Sono d'accordo con te che avrei potuto dirlo in modo più liscio, meno difficile.
    Che so, avrei potuto scrivere che per me chiunque abbia in partenza, prima ancora di cominciare a scrivere, l'obiettivo di scrivere in modo difficile e poco comprensibile, fa una stronzata; o meglio recita la parte del figo in una gara.

    Quanto al resto, è ovvio che ci sarà sempre qualcuno che potrà ritenere incomprensibile ciò che scrivo; ma un conto è che io abbia cercato quell'effetto; un conto che non mi sia sforzata abbastanza; un altro conto ancora il fatto che la ragione verosimilmente più profonda dell'incomprensibilità riposi sul terreno ai piedi del lettore.

    Copio questo commento anche su Fb.
    Grazie per aver speso parole belle per me, e ciao.
    Federica Sgaggio

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