martedì 16 marzo 2010

Il copriletto Indira, o sul perché non vado mai ai reading di poesia


Incontro un'amica che desideravo incontrare da tempo.

Sta andando a un reading di poesia, la mia amica che desideravo incontrare da tempo. Il nostro però è pochissimo, la cultura incombe; io poi sono impegnato nella sistemazione dell'appartamento nuovo.

Mi aiuta così a misurare la distanza del tavolo da pranzo dalla parete, da cui dovrebbe distendersi il braccio snodato della lampada Tolomeo. La mia amica poetessa mi mostra quindi come ricoprire il divano angolare con due copriletti Indira. Ecco infine che mi saluta.

Come, devi già andare?

Con il passante ferroviario, in una ventina di minuti scarsi, dovrebbe riuscire ad arrivare dalle parti di Porta Romana, dove è attesa dagli altri poeti per iniziare il reading. Le spiego come raggiungerlo.

Ma perché non vieni anche tu?, mi chiede all'improvviso.

Preso alla sprovvista, farfuglio una scusa generica, un qualchecosa di urgente che devo fare: assolutamente improcrastinabile!

Al suo svanire inghiottita dalla corrente degli architetti di via Andreoli, ritorno al mio Månstad angolare. Lo preferivo grigio antracite, ma anche nel color panna del copriletto Indira non è male, con sottili rigature leggermente più spesse. Un po' effetto tenda, ma insomma...

Sul tavolino Lack - l'unico oggetto Ikea che sono riuscito a montare da solo - trovo un fumetto di Ken Parker lasciato aperto con le pagine rivolte verso il basso. Ricorda una bambina che si alleni a fare la spaccata: ogni giorno le pagine si flettono un poco di più, si distende il dorso della copertina. E' sempre una festa quando riesco a trovare una copia di Ken Parker dal Libraccio.

Già, ma perché non l'ho accompagnata al reading di poesia?

Aveva un buon profumo e parole esatte, ironiche e lievi, la mia amica poetessa. E mani allenate a seguirle nei cieli della voce. Prima di essere accompagnate, una parola dopo l'altra, soggetto predicato e complemento, alla porta d'uscita. Come un bidello che ha terminato di sistemare il termosifone e può finalmente ritornare alla sua settimana enigmistica.

Giusto il tempo di ascoltare la pernacchia del bullo della classe.

Ken Parker deve scortare un militare confederato accusato dell'omicidio di una donna. Non solo uccisa ma anche violentata, una roba schifosa. Il giovane ha un vuoto di memoria, quella sera ha bevuto molto e non è in grado di fornire un alibi, ci pensa e ripensa ma l'inchiostro nero è colato tra un minuto e l'altro. Sembra un bravo ragazzo, in fin dei conti. Un moretto con i lineamenti gentili e delicati.

La gente del paese aveva già preparato la corda, intendevano linciarlo. Combinazione sta arrivando in quel momento un battaglione di cavalleria al galoppo. Ken Parker è tra loro, spara alla fune proprio un attimo prima che il ragazzo venga fatto penzolare da una grande quercia. Quando si dice la fortuna!

In un film di Sergio Leone Clint Eastwood faceva questo di lavoro: sparare alla corda, dividendo la taglia con l'impiccato.

Dimenticavo, anche la mia vicina di casa si chiama Indira. E' la moglie di Brunone. Anche se è piccolo e magrolino lo chiamiamo tutti a quel modo, Brunone. E chissà perché non Brunetto o Brunino o Brunello. Mentre io che sono alto un metro e ottantatre mio cugino mi chiama ancora Guidino.

Brunone e Indira abitano proprio sopra di me.

Da qualche mese stiamo studiando assieme un sistema di carrucole e pulegge. In questo modo potremmo scambiarci formaggi francesi e manicaretti vari. Lui ha vissuto in Francia diversi anni, ora fa il falegname per il teatro. Cala il camembert, Brunone, e io ti isso la mostarda. Bello, no? Mentre Indira me lo dice e lo dimentico sempre, che lavoro fa Indira.

Eppure una volta ci sono stato a un reading di poesia.

I poeti avevano tutti un buon odore, non è questo il punto, davvero. Ci sono andato ma ho trovato una scusa anche quella volta, dopo cinque minuti ero fuori. Una città di mare, ricordo solo questo. E l'odore di salsedine appena uscito sul marciapiedi di una strada lunga e larga.

E' come se ci fosse stato nell'aria, quando ero ancora dentro, senza salsedine, un accordo preventivo. Meglio un consenso indubitabile a qualsiasi cosa sarebbe stata detta da quel momento in poi. Tutto quello che si pronunciava dentro lì, con un libro spalancato sul leggio, uno che scandisce le sillabe come fossero le ultime parole di un morente, i familiari che gli tengono la mano, tutto quello era già deciso:

è poesia.

Mentre ciò che si diceva prima, o si sarebbe detto dopo, con un Martini al posto di Kavafis e due olivette tanto per gradire: era vita, prosa, cazzi vari. Compreso la salsedine per strada e uno scirocchetto che inzuppa dolcemente i vestiti.

Nell'Insostenibile leggerezza dell'essere, Milan Kunder scrive che il kitsch rappresenta "la negazione della merda". E motiva questa affermazione dicendo che nel kitsch si manifesta una sorta di "adesione categorica all'Essere in quanto tale".

Nel frattempo il giovane accusato di omicidio è riuscito a fuggire.

Ken Parker, che lo stava scortando ad un giusto processo, si mette sulle sue tracce. Ma qualcosa gli puzza, non gli quadra. In fondo rimane convinto della sua innocenza, a maggior ragione dopo essersi accorto che anche un bounty killer si è messo alle calcagna del fuggitivo. E infatti è stato il bounty killer a liberare nottetempo il ragazzo.

Io comunque non l'ho mai capita bene, la differenza tra una poesia bella e una brutta.

Però, come posso dire, mi sembra certe volte di poterla sentire. E quella cosa che io sento, ma solo certe volte, e che poi chiamo bellezza, somiglia piuttosto alla sospensione di qualsiasi accordo tacito o formale tra le persone. Una fuga a cavallo da ogni ossidato sistema di simboli e segni, senza navigatore satellitare.

Ecco, come se le parole riscoprissero nuovamente il mondo, al di fuori del bolo di un'interpretazione predigerita, via da ogni galateo del gusto. E si manifestassero come una principessa che solleva i lunghi lembi dell'abito in tulle, la ghirlanda di fiori in testa, prima di sedersi con infinita grazia su un trono intarsiato di gioielli.

Ma è a quel punto che alla principessa sfugge una lunga e fragorosa scoreggia.

Sì, aveva proprio un odore buono la mia amica poetessa, forse troppo buono. Non si sente odore di puzzette ai reading di poesia. E mani allenate e veloci, come quelle di Brunone mentre cala un fromage de Lion, nell'infilare il copriletto Indira sotto agli spessi cuscini del divano Månstad.

E poi, l'avreste detto voi, ma il giovane soldato era stato proprio lui, a violentare e uccidere la ragazza? Nemmeno Ken Parker se l'aspettava, c'è rimasto di stucco. Un giovane angelo assassino senza memoria né ragioni.

Mentre il bounty killer gli ficcava una pallottola al centro esatto del cuore.

2 commenti:

  1. giuro.
    è la prima volta che qualcuno parla di me scrivendoci sopra.
    oddio,forse in qualche verbale di polizia..
    ciao guido hauser
    dimenticavo ,indira si occupa di amministrazione per una cooperativa.

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  2. .. beh, se non ne ho parlato troppo male, forse è allora il caso di iniziare a calare un formaggio: naturellement français!

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