domenica 8 novembre 2020

Un gelato al limon

Questa notte ho sognato che acquistavo una vaschetta di gelato. Non era per me, ma non ricordo bene per chi fosse; probabilmente per una donna che mi rispondeva distrattamente dall'altra camera: "Il congelatore è pieno, vedi un po' tu dove metterlo." Dove metterlo? E dove vuoi che lo metta, del gelato...

In ogni caso io non mi davo per vinto: aprivo sportelli, cassetti, armadi; e però niente da fare, il gelato cominciava a sciogliersi. Ed è con questa sensazione che mi sono svegliato. Quella di possedere un bene – per il mio inconscio ancora un poco infantile, il bene supremo -, ma vederlo svilito e compromesso dalle circostanze, in conseguenza delle quali non riusciva a farsi dono.

Da sveglio, ma ancora offuscato dagli spiccioli di Morfeo, ho provato ad allargare l'inquadratura di quel che rimaneva del mio sogno. Ci stavano ora centinaia di migliaia di persone chiuse dentro le loro case (come si dice adesso: in lockdown), con il braccio proteso nel gesto di offrire un cono di gelato.

Devo dire che a questo punto ho fatto un fermo immagine; una composizione un po' naif, ricordava una pubblicità di Oliviero Toscani, e però buffa, forse perfino bella. Il quarto stato in versione estiva e balneare.

Quindi ho ripreso, accorgendomi che dall'altra parte ci stava un fantasma; come tutti i fantasmi, ululava il suo buuu da sotto un lenzuolo bianco, più ridicolo che minaccioso. Ma era incapace del semplice gesto di allungare la propria mano all'indirizzo di un’altra mano; poi dire grazie, avevo proprio voglia di un gelato.

Ed è così che la crema inizia a sciogliersi, o forse si trattava di limone, sì un bel gelato al limon che cola lentamente, raggiunge l'indice, poi il medio e l'anulare, solca il palmo ridisegnando la linea della vita; qualche goccia finisce sulle scarpe, anzi sulle pantofole, come in ogni sogno che si rispetti siamo in un luogo pubblico in ciabatte da camera, la vestaglia indossata da Carry Grant nelle commedie degli anni cinquanta.

Ma noi ancora lì, fermi, speranzosi, con il nostra cazzo di gelato proteso verso il nulla.


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