giovedì 19 novembre 2020

A la guerre comme à la guerre

 


Se vogliamo insistere con la metafora della guerra, forse dovremo imparare a gestire anche l'attribuzione delle medaglie. Leggo ad esempio il titolo di un articolo de la Repubblica di oggi: "Il prezzo della pandemia lo pagheranno i ragazzini", a firma di Caterina Pasolini.

Lo so che i titoli dei giornali non li scrivono i giornalisti; con un nome tanto bello e un cognome che è pura forza dal passato, la Pasolini non avrebbe mai potuto scrivere una sciocchezza del genere. A parte l’orrendo suffisso in “ini” (ragazzini) come la molletta sulla coda di un gatto, questa è l’unica epidemia nella storia – dico: l’UNICA! – dove non si registrano decessi tra i minorenni, al massimo e in rari casi poche lineette di febbre.

Una delle tante e cosiddette post verità, che si accompagna alla geremiade per il presunto trauma giovanile causato da un eccesso d’intimità – si dice – con divano, Netflix e PlayStation. Per smascherarne la retorica basterebbe guardare gli spot del Governo tedesco, il quale dà inaspettata prova di un’ironia vagamente British – flashforward tra cinquant’anni, con un ex giovane che ci confessa ridacchiando: “Nel 2020 mi hanno chiesto di non fare nulla, e poi sono stato pure chiamato eroe…”

Per la forza evocativa che scaturisce dai contrasti, tornano alla mente le pagine del diario di Anne Frank. Quanta leggerezza, curiosità, perfino eros e pettegolezzo nello sguardo di una preadolescente confinata in una soffitta di Amsterdam, mentre le SS la stavano cercando. E quello era un trauma vero, non le piccole rinunce del presente che vengono gonfiate da un’enfasi protettiva.

Che i ragazzi ma soprattutto i genitori, gli adulti, insomma il cicaleccio da social network a cui come si può vedere non mi sottraggo, imparino a desiderare come faceva lei, Anne. Un desiderio – a differenza ancora di lei, a cui fu negata la realizzazione – da proiettare oltre l’angusto perimetro della quotidianità, quando dopo il terzo giorno i corpi usciranno dai sepolcri condominiali, e il fiammifero della vita tornerà ad accendersi per reciproco sfregamento. Certo, prima della scintilla bisognerà fare almeno tre o quattro tentativi, mica funziona sempre al primo colpo come Jean Gabin con una Gitanes che gli pende dal labbro.

Chiedo infine alla redazione de la Repubblica, per il futuro, di prestare maggiore attenzione quando appuntano le loro medaglie al valore. Che in questo caso vanno immediatamente spostate sul bavero di medici, infermieri, forze dell’ordine; senza dimenticare ladruncoli e accattoni e soprattutto quegli anziani che stanno stramazzando nella RSA, oppure sono attaccati a un tubo senza poter vedere i loro famigliari; particolare non sempre negativo, quando sono gli stessi nostri connazionali ad averli rimossi dallo sguardo, per confinarli in un ospizio.

Ma nelle guerre ci sono anche i generali, a cui in seguito vengono titolate le vie. Spero solo di non imbattermi un giorno in viale Conte o corso Azzolina: l’unica generalessa a voler salvare i suoi giovani militi da un pericolo che non corrono, per trasferirlo a tutti noi.

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