giovedì 19 novembre 2020

Divorzio sociale



Semplificando al massimo: se le persone indisponibili a farsi somministrare il vaccino per il Covid-19, anzi uno dei vaccini, ormai ne abbiamo tanti, superassero il 30% della popolazione, il virus non potrebbe regredire fino alla sua definitiva scomparsa, e dovremmo abituarci all'idea di una convivenza a tempo indeterminato; ovviamente con terapie sempre più efficaci ed eventuali mutazioni che lo rendano meno aggressivo; ma non si può escludere anche una mutazione più carogna.

Sia come sia, una situazione altamente probabile, con la maggioranza delle persone in scacco di una minoranza vagamente ottusa o distratta, replicando un format tipico degli amanti abbandonati: l'oggetto d'amore (nella fattispecie la salute) non vuole più saperne dei loro baci e carezze, e pende dalle labbra di un bellimbusto (i no vax) che se ne frega di entrambi, intento com'è in improbabili intrugli a base di fiori di Bach.

In tali situazioni o si affronta il rivale e gli si spacca la faccia – fuor di metafora: si assume l'imperatività dello Stato autoritario, obbligando tutti a vaccinarsi –, oppure si scodinzola ai piedi dei recalcitranti con la querimonia speranzosa degli ex, cercando di fargli cambiare idea con suppliche disperate, in un tripudio di trottolino amoroso e dudu dadada; e in questo caso la lancetta delle probabilità pende nella direzione opposta.

Se una sintesi antropologica si può ricavare dalla triste avventura dell'ultimo anno, è dunque che dal patto sociale stiamo passando al divorzio sociale. Condizione che temo si ripresenterà in altri contesti, non potendo, come cantava quell'altro, rifare un letto ormai disfatto.

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