martedì 24 novembre 2020

Pedigree

 


Tra le pochissime cose che il web può insegnare, c'è la costituzione della malta con cui si aggregano (o disgregano) i mattoncini dell'umano. Chiamiamola pure antropologia, o sociologia.

La prima e più elementare acquisizione antropologica che si può ricavare da Facebook, è che non è affatto vero che le donne tendano naturalmente a costituire gruppi solidali tra di loro – la cosiddetta sorellanza femminile –, mentre ciò avviene a determinate e rare condizioni di quell'artificio immateriale che poi chiamiamo cultura.

Un esempio. Avete mai provato a lasciare un commento su un post scritto da una poetessa di sinistra, ossia qualsiasi poetessa già che non si dà, da oltre mezzo secolo, il caso di un poeta di destra, non dopo che Ezra Pound è stato esibito in una gabbietta come un canarino?

È quasi impossibile ottenere risposta, a meno che non siate anche voi un poeta e di sinistra e soprattutto una donna. Se essere marxisti fosse ancora considerato di sinistra – e non lo è –, io potrei beneficiare di quella password; comunque non sufficiente a dischiudere la porta blindata del pregiudizio.

In questi gruppi di discussione il vincolo di genere è davvero forte: tutto un darsi di gomito tra donne, amiche, sodali; ma appunto anche specchio politico e culturale, in cui si guarda agli altri per vedere sé stessi. E se alla dogana d'accesso non presentate le tre suddette stimmate, verrete espunti dalla discussione come una verruca dal calcagno, o nell’ipotesi meno cruenta ignorati.

Con rigidezza appena attenuata, la stessa dinamica esclusiva possiamo verificarla in tutti i contesti relazionali dove è presente uno status sociale (vero o presunto, e cioè percepito solo all'interno della comunità) e uno sfondo ideologico; con ciò intendendo il particolare budino in cui politica e cultura vengono mescolati, prima che la colla di pesce li solidifichi in un unicum compatto.

Intendiamoci: cultura, coscienza politica ed elaborazione della propria identità di genere rappresentano dei valori positivi, che però finiscono col frammentare l'umanità in micro caste sempre più ringhiose tra di loro. Et voilà, ecco serviti i social network.

Ammesso e non concesso che continuare a scrivere poesie dopo i diciott'anni sia un gesto civile, e non una cosa un po' da cretini come suggeriva Benedetto Croce, dobbiamo ricavare che le leggi di natura sono molto diverse da quelle umane. E il linguaggio, momento fondativo da cui si avvia il processo di civilizzazione, più ambiguo di quanto comunemente si creda, già che serve a unire gli uomini almeno quanto a dividerli.

Per quel che vale la mia opinione, tra un cane che ti usma il buco del culo prima di decidere se mordere o scodinzolare, e un poeta che ti fiuta il curriculum letterario e ideologico, io preferisco di gran lunga il primo. Meglio ancora se privo di pedigree.

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