venerdì 20 novembre 2020

Tutti a casa di Mulo



Della mia adolescenza, anche se mi sforzo, riesco a ricordare solo l’odore dolciastro del Tenax (ma anche la sua sensazione appiccicosa, il colore verde ramarro), da riversare con abbondanza sui capelli dopo aver fatto interminabili docce; uno shampoo alla mela verde schiumava come la bocca di un vitello che rumina in penombra, prima di scivolare sul corpo abbronzato. E poi l’adesivo di Radio Studio 105 che avevo appeso sul frontalino del PX, oltre a una ragazza cicciottela con la cresta alla moicana; di lei mi è rimasta l'immagine oblunga del cranio, dolicocefala, da cui fuoriesce l’eco sempre più flebile di una voce. Ma allora era grido, decibel, era il richiamo del muezzin rivolto a un'assemblea di fantasmi, che mi includeva nel lenzuolo bianco con cui si ricoprono i morti, poco importa se di fame o di pistola, quando il tenente Colombo si ferma, esita, si gira, e poi e fa la domanda che fa balbettare l'assassino. Tutti a casa di Mulo, strillava intanto la ragazza con la cresta, tutti a casa di Mulo! E chissà poi se ci siamo andati veramente: a casa di Mulieri, da cui il diminutivo Mulo, chissà se ho infilato la chiave nel PX, calciato la pedana di avviamento, e, dopo aver passato la mano destra sul capo, ritornandola imbrattata di Tenax, quindi ingranato con la sinistra la prima, tok, polso che si torce e falangi piegate sulla leva della frizione da rilasciare all'improvviso, per raggiungere casa di Mulo con una piccola impennata... Sì, tutti a casa di Mulo!

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