Il Presidente del
Consiglio italiano si rivolge a Fedez e Chiara Ferragni. Un rapper,
un’influencer. Si rivolge a loro per chiedere, o, meglio, supplicare un appello
ai giovani sull’uso delle mascherine.
Molti hanno fatto del sarcasmo sull’eccentrica richiesta, lo hanno
irriso. A me è sembrato invece un gesto degno di rispetto e attenzione, un
gesto simbolico. Ricorda la scena di un fortunato film di Ken Loach. Il protagonista è seduto in una sala
da riunioni assieme a uomini e donne di ogni età; si alza in piedi con
lentezza; e dice solamente: “My name is Joe, and I'm alcoholic.
Una formula richiesta per essere accolti nei gruppi di alcolisti
anonimi: testimoniare davanti a tutti la propria dipendenza dall'alcol, e con
ciò riconoscerla, riconoscendosi. Quel che ha testimoniato Giuseppe Conte è una
dipendenza speculare, dove sono le élite a essere subalterne e avide del
pensiero popolare, la cultura cosiddetta bassa, a volte perfino trash, che ha
il proprio megafono nei social network.
Ed è una forma di riconoscimento anche questa – la gente non mi crede
più, forse neppure mi ascolta, ha perso fiducia nella politica –, che come ogni
presa di coscienza pubblica rivela umiltà e realismo, ossia buon senso.
Ricostruire un rapporto di credibilità (scientifica, culturale, politica
e perfino estetica) da parte delle élite è la sfida a cui siamo chiamati.
Diversamente, il prossimo passo sarà farci governare direttamente da Facebook e
Instagram, Twitter, Tik Tok. E come ci ricorda la richiesta di Conte ai
Ferragnez, è un passo davvero piccolo piccolo. Un passettino.
Nessun commento:
Posta un commento