giovedì 8 ottobre 2020

Amarcord

La settimana scorsa hanno abbattuto un capannone, l'ultimo rimasto, vicino a casa mia, gli abitanti del quartiere ne hanno gioito per via del tetto in grigi pannelli di Eternit. Quando i miei genitori aderirono al progetto edilizio di una cooperativa di maestri elementari, il lotto prescelto per la costruzione dell'edificio si trovava ai margini meridionali della città, ma ora ha già quasi raggiunto il centro, secondo il principio fisico dello smottamento delle periferie; come l'Africa, la cui faglia preme sull'Europa causando i terremoti, nessuno, neppure l'urbanistica che è una mosca impigliata in sottili ragnatele di tubi zincati, cavi elettrici, bave di cemento riversate su una piccola borghesia prima affluente e poi indigente, davvero nessuno riesce a stare fermo e composto al proprio banco, a maggior ragione adesso che ci hanno messo le rotelle. E io ci passavo appunto davanti, al capannone, quello che ora non c'è più con il tetto in stramaledettissimo Eternit, per raggiungere la scuole di via Vanoni, con una cartellina blu sulle spalle su cui avevo incollato l'adesivo di una nota marca di blue jeans. Ricordo così perfettamente il giorno in cui comparve una scritta, era allora una cosa abbastanza frequente, ma in fondo anche adesso, una scritta nera realizzata con la bomboletta spray sopra la parete che dà a nord su via Mazzini, le parole erano le seguenti: "Kossiga boia e sua moglie troia". Come suonava bene la rima baciata, come doveva apparirci trasgressiva e libertaria e sottilmente peccaminosa, e così io e il mio amico Federico prendemmo a ripeterla come un rosario – Kossiga boia e sua moglie troia, Kossiga boia e sua moglie troia... –, la sussurravamo tutti i giorni andando e ritornando da scuola; sulla sua cartella mancava l'adesivo della nota marca di jeans (chi mi ama mi segua era lo slogan impresso sotto a un bel culone di giovane donna), per il resto, a uno sguardo esterno, saremmo apparsi identici, fino alla punta scamosciata delle Mecap, le prime scarpe con la suola ricavata da un unico blocco di poliuretano candido e leggerissimo, in stile asse del water. Ripensandoci ora, mi accorgo che la moglie di Francesco Cossiga doveva essere una donna mite e vulnerabile, ai maschi preferiva forse il Cannonau, lo Stock 84, la Sambuca Molinari e il Biancosarti, l'aperitivo vigoroso bevuto dal tenente Sheridan, col suo spolverino crema dai revers perennemente sollevati. Quante stupidaggini si scrivevano anche allora, senza la complicità della parete di pixel che ci offrono oggi i social network, e la bomboletta di un dire sempre più vaporoso e insinuante...

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