domenica 20 gennaio 2019

Ci sono opinioni e opinioni, o sulle nuove forme di “autoritarismo”

Le persone sono tutte uguali? Io penso di sì. Mangiano, dormono, fanno la cacca, si innamorano, vengono punte dalle zanzare e gioiscono per un pompino fatto come dio comanda, anche se perlopiù immaginario e gentilmente offerto dalla giovane dirimpettaia sul metrò; la quale, ovviamente, è ignara del sognatore a occhi aperti che la osserva di sottecchi, continuando a smanettare a testa bassa sul proprio smartphone.
La domanda andrebbe allora precisata, magari a questo modo: le opinioni espresse dalle persone più diverse e benché la comune radice umana, sono tutte uguali?
La risposta è sotto gli occhi di chi assista anche solo per dieci minuti a un talk show televisivo, oppure entri, dove capita capita, su un social network. Ed è solo a questo punto che possiamo affermare con ragionevole certezza che no, le opinioni non sono tutti uguali, prevalendo nella specie a cui apparteniamo, homo sapiens sapiens, una gran quantità di cazzate, frasi presuntuose, goffe, male espresse e disinformate, a cui si contrappone un’isoletta piccola piccola ma colma di frutti prelibati per il pensiero.
I greci avevano escogitato il modo di distinguere tra le due diverse forme dell’esprimersi, chiamando doxa l'opinione in senso proprio (che è per definizione opinabile, ossia senza alcun fondamento certo) ed epistéme la verità, o per essere ancora più precisi un’affermazione che stia sopra al baccano del mondo, epi histemi, e da cui molti secoli dopo ha preso avvio il sapere scientifico. Le premesse stavano però già tutte lì, in quella distinzione.
Ma tra Platone e Galileo è utile ricordare una tappa intermedia, situata nella romanità classica. Furono infatti i latini a introdurre il concetto di auctoritas, già che anche tra le opinioni prive di epistéme, quelle insomma che stanno sotto e non hanno altro su cui poggiarsi che la propria umile stampella, possiamo distinguere, per quanto a larghe spanne. Ad esempio valutando con maggiore considerazione quelle opinioni che contengono bellezza formale, capacità di fare collegamenti, profondità di intuizione e quantomeno coerenza logica, se non ancora verità.
Col tempo, il termine autorità ha finito però con l'indicare una sorta di sigillo istituzionale, conferito non tanto dalla sapienza e dall'estero personali ma dalla comunità troppo umana di riferimento. Sono cioè autorevoli le parole di una persona che veda riconosciuto pubblicamente il proprio status, ad esempio con un titolo di studio; più alto è, come per i gradi militari, maggiore è l’autorità di comando. E per inciso, la cosa non mi appare del tutto incongrua quando si parli di materie tecniche e verificabili, ad esempio un ingegnere che disputi in merito ai parametri di portanza di un ponte. Non glielo farei insomma progettare il nuovo viadotto di Genova a un pubblicitario, e però tanto caruccio e bizzarro e creativo…
Eppure in ciò scorgo un equivoco di fondo, già che tali aspetti riguardano nuovamente l’epistéme, direbbero i greci, non la doxa, l’opinione, e l'autorità non coincide automaticamente con una sacrosanta competenza, a cui è sempre giusto inchinarsi quando si ignorino i fondamenti tecnici che danno luogo ad artefatti o procedure (“io non parlo di elettronica, di dighe, io non parlo di radiologia” strillava agli amici tuttologi Nanni Moretti in una celebre sequenza di Sogni d’oro).
Piuttosto, l'autorità così come estensivamente intesa, almeno, rappresenta uno slittamento della competenza, che da tecnica e puntuale finisce coll'irraggiarsi nella dimensione della rinomanza, sorta di aura che alcune persone si arrogano e altri gli riconoscono. Questa dinamica sociale è di nuovo evidente sui social network, che lungi dall'essere luoghi orizzontali di espressione democratica dell'opinione, incorporano, perlopiù dall'esterno, quello statuto di auctoritas che anche qui viene fatto valere, e spesso ricercato anche da chi ne è esente. O detta in altre parole, c’è un’urgenza quantomeno simmetrica di mani da baciare e bocche disposte a farlo.
Ed è così che si vanno formando delle consorterie tra autorevolmente simili, ad esempio medici, musicisti, scrittori, sportivi, giornalisti, personaggi dello showbiz, che anche quando l'oggetto dell’opinione espressa esuli totalmente dalla materia di competenza (quindi siamo in piena doxa), tendono a riconoscere autorità di giudizio solamente ai pari grado, e a incassare da tutti gli altri. Un meccanismo per altro molto efficiente, che si autoalimenta da sé.
Viene a questo punto alla mente una pagina particolarmente feroce di Thomas Bernhard, in cui le parole vengono quasi graffiate sulla pagina: “i compositori di sinfonie non pensano che alle sinfonie, gli scrittori agli scrittori, i costruttori edili ai costruttori edili, i ballerini del circo ai ballerini del circo, è una cosa insopportabile.”
Eppure, alla luce degli esisti successivi, queste sue considerazioni lucidissime andrebbero emendate, e corrette a questo modo: i compositori di sinfonie non pensano che a diteggiare opinioni su ogni aspetto dello scibile umano, gli scrittori amoreggiano pubblicamente solo tra scrittori, i costruttori edili cercano di farsi amici gli scrittori e i compositori di sinfonie, per guadagnare quella parvenza mondana che il denaro da solo non garantisce, mentre i ballerini del circo sono diventati emblema di tutto ciò. Potremmo chiamarla l’autorità del nulla, fermo restando l’insopportabilità.

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