Nei telegiornali si parla quasi solo di ciò che accade, e in particolare di ciò che accade nel cortile di casa – il tg di Mentanta apriva con la prima della Scala, quando, lo stesso giorno, in Germania veniva sventato un golpe neo nazista. Eventi tangibili e che possibilmente facciano scalpore, ossia novità. Non di quello che si scopre, oppure viene ideato, concepito nel pensiero. Anche il rilevamento dei resti archeologici etruschi a San Casciano era un accadimento.
Nell'orrendo gergo giornalistico viene chiamata notiziabilità, con il tipico caso ipotetico che ne restituisce
l'applicazione pratica: se il bambino morde il cane è una notizia (eccezione),
se il cane morde il bambino no (regola). Popper avrebbe detto che per i
telegiornali esiste solamente il mondo
uno.
In una sua affascinante teoria, con questa sigla si riferisce alle entità
fisiche di cui possiamo fare esperienza condivisa. Ma poi ci sono anche le
esperienze soggettive. Un bel giorno, ad esempio, vedi camminare sul
marciapiedi una ragazza che indossa un abitino a fiori, e ti innamori. Un altro
giorno ti incazzi con chi ti passa avanti al bancone dei salumi all'Esselunga,
cose così: piccole piccole, ma che avvengono anche ai grandi della storia.
Tutto ciò Popper lo chiama mondo due.
Infine, il filosofo austriaco ipotizza la presenza di un mondo tre, dove i prodotti
dell'ideazione umana – Amleto, le formule di Einstein, Ulisse, Les Demoiselles
d'Avignon ecc. – acquistano in un certo senso vita propria: non esistono (da ex-sistere, stare fuori) ma sono.
Ciò a cui assistiamo ogni volta che ci sintonizziamo su un telegiornale è
dunque un mondo mutilo, le sue componenti di superficie ribollono ma non si fa
menzione al fuoco che arde sotto la pentola. Quel mondo, l'uno, non è infatti
rigidamente separato dagli altri. Metti caso, come diceva Woody Allen, che
ascoltando Wagner ti venga voglia di invadere la Polonia. E se ti chiami
Hitler, sono cavoli amari...
Chissà che non sia proprio quanto successo a Putin: nel mondo due delle sue
percezioni soggettive si sentiva umiliato, ferito dall'espansione a est della
Nato; la viveva come un’offesa personale, prima ancora che una minaccia reale.
Ovviamente non lo sto difendendo, ma solo vorrei introdurre un dubbio: questa
parolina con cui da un anno tutti ci stiamo riempendo la bocca, geopolitica,
non sarà che funziona come i telegiornali, potando tutto ciò che non sta nella dimensione del tangibile?
Eppure la storia è fatta anche da idee, passioni, persino da erotismo, come
la Contessa di Castiglione che con il suo corpo contribuisce all'unità d'Italia.
Quando penso a lei penso alla Gradisca, il personaggio di Fellini che recita quello che sarebbe diventato il suo nomignolo schiudendosi le vesti, e così si offre a uno sceicco
arabo ospite al Grand Hotel di Rimini. Sì, anche un geniale prodotto della
fantasia come la Gradisca partecipa all'interezza della nostra esperienza del
mondo, dunque alle sue sorti.
La teoria di Popper non ci dice allora solo ciò che i telegiornali
tacciono, ma suggerisce possibili diversioni agli eventi che sembrano procedere
su un piano di concatenazioni necessitate, la geopolitica le analizza e le
spiega nel dettaglio. Non dico che non ci sia saggezza e studio e metodo in
tutto ciò, ma manca un pizzico di magia, manca Mandrake. Anche lui appartiene al
mondo tre, come il suo servo Lothar
ricoperto da pelli di leopardo.
Se c'è un merito, innegabile, che riconosco a Berlusconi, è quello di avere
introdotto questa dimensione nell'agenda politica. Cos'erano infatti le sue
barzellette, se non una traccia di possibile in ciò che appare solido e
determinato? Peccato che erano barzellette modeste, la sua fantasia era viziata
dall'immaginario del dopoguerra, in cui gli uomini erano puttanieri e le donne
mogli, madri oppure prede sessuali.
Però l'idea che c'è sotto non è sbagliata: anche in politica servono emozioni, rapporti umani, immaginazione. Mondo due e tre, insomma. Non solo
resoconti di fatti, che senza più bisogno di pizzini transitano alle notizie
d'apertura dei telegiornali. Così andrebbe forse rivista la celebre locuzione
latina tertium non datur. Tra Bonaccini ed Elly Schlein, ad
esempio. E se in questo caso la soluzione fosse... Paperinik!
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