sabato 24 dicembre 2022

Bob Dylan & me

 

Questa notte ho sognato che Bob Dylan teneva un concerto nel cortiletto che divide il mio condominio, al 10, con quello all’8 di via Parolo, a Sondrio. Che già Bob Dylan a Sondrio… e proprio nel cortile dove ho imparato ad andare in bicicletta, una Graziella rossa che si liberava finalmente dalle rotelle come i razzi lunari dalle impalcature di Cape Caneveral. Gli anni erano quelli lì.

Ad attendere l'inizio di un evento che sarebbe rimasto impresso nella memoria collettiva per decenni  Bob Dylan a Sondrio, come Simon & Garfunkel al Central Park o i Pink Floyd a Venezia  nel sogno erano presenti solo quattro gatti (il rag. Flematti, la vedova Pizzala e il dott. Grimaldi, più qualcun altro che non ricordo) pronti ad accordarsi al refrain di Like a Rolling Sones.

Alla vista di quello smilzo parterre cominciavo a fare telefonate: “Oh, c’è Bob Dylan, non ci crederai: suona sotto casa mia, se fai in fretta riesci ad arrivare per il brano di apertura – corri!”

Le risposte però erano tiepide, scarsamente interessate; il mio migliore amico mi diceva che doveva mettere giù perché stava aspettando una chiamata importante, ha sottolineato l'aggettivo con un tono quasi spazientito. Ma come, c’è Bob Dylan, hai capito bene cosa ho detto: B-O-B-D-Y-L-A-N.

Poi mi sono svegliato e mi è venuto in mentre Freud, e chi se no? Se è vero che i sogni rappresentano parti di noi o, meglio, come noi ci percepiamo, in una specie di carnevale metaforico di desideri e paure, mentre mi lavavo i denti di fronte allo specchio del bagno ho dovuto riconoscerlo, riconoscermi.

Ma non solo io, era una foto di gruppo. Tutti quanti ci sentiamo un po’ Bob Dylan, dai, diciamocelo. In gola le canzoni che cambieranno la storia della musica, della poesia, della società intera, mica per niente gli hanno dato il Nobel. E allora cosa dobbiamo fare: lasciare il mondo mutilo di tanta bellezza?

Per questo, al risveglio e con lo spazzolino ancora in bocca, ci precipitiamo su Facebook a intonare il nostro canto salvifico, in forma di pensierini di cui immaginiamo il mondo avido. Un esempio? Questo.

Finito di scrivere e pubblicato il post che state leggendo, mi sono accorto che, come nel sogno, giusto i vicini di pianerottolo (una manciata di persone indecise se ascoltare il mio concerto o precipitarsi sul profilo di Selvaggia Lucarelli, per vedere chi aveva appena insultato), erano disposti a concedermi un’attenzione distratta, con il rituale applauso finale in forma di like. Nemmeno 15, sono in media.

Eppure non ci viene mai il dubbio, non a me, almeno, di essere Gigi D’Alessio, oppure Scialpi, Luis Miguel che nel 1985 cantava Ragazzi di oggi, e nel 2022 la canta ancora come se il tempo non fosse passato, altro che il divino menestrello...

E così chitarra alla mano, armonica in bocca e cappellaccio da cowboy, ogni giorno mi presento nel cortile dei social travestito da Bob Dylan.

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