Ha perfettamente ragione Concita De Gregorio nel difendere il diritto di Liliane Murekatete, moglie di Aboubakar Soumahoro, a esibire il suo corpo nella piena flagranza di un erotismo un po' ruspante, ed è del tutto privo di rilievo che le foto ora emerse appartengano al passato. Prima ancora che rappresentazione, dunque soggetta a giudizio estetico, l'erotismo e la pornografia sono un essere e un fare che non lede alcun diritto altrui, e come tale non andrebbero mai biasimati. Giusto anche l’accostamento a Chiara Ferragni: come lei, Murekatete ha inteso che il potere, il successo, il denaro che una donna giovane e bella può ottenere in Occidente passa anche attraverso il corpo, se non soprattutto.
C’è però un livello della vicenda su cui l'editorialista de la Repubblica sorvola: quella remunerazione non è affatto neutra, ma espressione di una precisa
ideologia – il corpo della donna come oggetto del piacere maschile; un corpo, direbbe Carmelo Bene, depensato.
Ideologia implicita in questo caso, che contrastata con le battaglie femministe.
E se è vero che il femminismo rientra nella complessa e spesso litigiosa
galassia che prende il nome di Sinistra, le immagini di Liliane
Murekatete rappresentano l’ennesimo problema di identità di quella parte
politica a cui Concita De Gregorio intende offrire voce.
Essere di sinistra significa infatti
trasformare gli immigrati da “risorse” a esseri umani, da oggetti funzionali
alla macchina capitalista a soggetti portatori di diritti; tra cui il primo è
essere retribuiti in modo congruo per il proprio lavoro, e che questo sia
svolto in condizioni di sicurezza e tutele. Tutte cose che nella cooperativa di
cui era contitolare la moglie di Soumahoro pare non avvenissero. Se a ciò
aggiungiamo che la donna applicava una strategia speculare
nei confronti del corpo di cui va giustamente fiera, possiamo vedere con chiarezza le
contraddizioni di questa squallida vicenda.
Nel secondo caso siamo naturalmente nel
campo dei simboli, non dell’infrazione alla legge, ed è giusto ribadire che la simbolizzazione di sé rientra nella piena facoltà di ciascuno. Ma
se negli anni Sessanta e Settanta erotismo e pornografia, oltre che business fruttuoso, hanno
rappresentato un’allegra e sgangherata esperienza libertaria – la liberazione era quella del piacere sessuale, specialmente femminile, dai fasciami di un puritanesimo meschino, che prendeva la forma gioiosamente rivoltosa di filmini in Super 8 dai titoli allusivi –, ora la stessa libertà va nella direzione del godimento
illimitato di cui riferiscono gli psicanalisti, del tutto omogeneo alle nuove
forme del potere.
È il discorso del capitalista di cui parlava Lacan, ma anche la libertà obbligatoria di Giorgio Gaber o, ancora, il nuovo fascismo di Pasolini, per cui tutto è lecito a patto di essere consumatori; di merci o di corpi mercificati, fa sempre meno differenza. Ma chiamiamolo pure come ci pare, anche Pippo: importante è il riconoscimento dell'infrazione di ogni limite come gesto destituito di ogni carica eversiva, anzi perfino reazionario. Non più la prassi rivoluzionaria per incoronare il desiderio al potere, quando, da quel trono in stile pubblicità di Dolce e Gabbana, il desiderio già governa il mondo; e lo fa a vantaggio di pochi, non dei molti desideranti il bel corpo svelato di Liliane Murekatete. Ed è solo un dettaglio che il corpo in oggetto, oggetto in tutti sensi come le borse Louis Vuitton esibite in altri scatti, sia nero, bianco, rosso oppure verde. Il nuovo potere è molto tollerante anche dal punto di vista cromatico.
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