venerdì 9 dicembre 2022

1984

 

Era l'estate del 1984, di questo sono certo. Premo il freno a pedale e, nello stesso tempo, quello a manopola con la mano destra. La sospensione anteriore fa un inchino e metto in folle la Vespa, un PX bianco con l'adesivo di Radio Studio 105. Le scarpe da basket toccano il suolo e lì si piantano. Quindi attendo il ritorno del verde al semaforo dove corso Vittorio Veneto incrocia via Trento, proprio di fronte alle vetrine della Standa. Nella direzione opposta, sul marciapiede su cui un gatto rossiccio sta leccando lo stecco di un ghiacciolo, proviene una ragazza. Cammina a passi svelti, ricorda le persone che raggiungono il chiosco delle bibite sulla sabbia arroventata. Ma anche qui fa caldo, sudo, forse sta sudando anche lei – perché non cammina più piano?

Non porto il casco, nessuno lo porta, spettina i capelli e si imbratterebbe di Gommina. Ma pure senza casco si ottiene un minimo di refrigerio solo in movimento. Da una finestra spalancata escono le note di Camel by Camel di Sandy Marton, le basi campionate – un lieto sussultare che le rende simili a mille altre – sono in sincronia con il movimento dei piedi della ragazza; il chiosco delle bibite sembra non arrivare mai. Il volto è invece una massa indistinta in controluce, si confonde con il disco del sole che ho di fronte e mi acceca. Per fortuna indosso degli occhiali di celluloide con le lenti scure, naturalmente sono firmati. Mi consentono, con la coda dell'occhio, di controllare il semaforo. È ancora rosso.

Quando la ragazza senza volto è a pochi centimetri da me – è troppo vicina in effetti, cosa fa così vicina?, posso avvertirne il profumo con note di melone, gelsomino e ylang ylang – mi urla in faccia: "Sei un figo!"

Poi se ne va con lo stesso passo senza senso, una fretta priva di direzione, cambia di continuo marciapiede, fino a quando scompare dall'inquadratura dello specchietto retrovisore, in cui rimane solo il gatto e il suo stecco di ghiacciolo. I colpi della linguetta abrasiva sono lenti e precisi. Lenti come l'estate infinita dell' '84, come i fiocchi di neve nel posarsi sulle panchine, sui comignoli, l'alberello con lo bocce colorate e le cacche dei cani ai giardinetti, ogni cosa viene ricoperta da un manto soffice e smemorato. Buon Natale, anche a Lei dottore, e alla sua signora. Ma non portiamoci troppo avanti, c'è ancora tempo.

Ora il semaforo è verde, ingrano la prima con una torsione del polso e parto con una lieve impennata. Vado, chi si ricorda dove... tutto riprende a muoversi, a cambiare. Un anno, poi un altro e un altro ancora. Un giorno Mastroianni entrò in un caffè di Napoli, aveva appena finito di girare quello che sarebbe stato il suo ultimo film. Il barista lo riconobbe. A Marcellì, gli disse, ce siamo fatti vecchierè... Posso offrire o' cafè?

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