venerdì 7 luglio 2023

Uomini e cani

I cani abbaiano agli handicappati, i bambini ridono. Poi, dopo un po’, i cani non abbaiano più, si abituano. I bambini no. Li osservano infinite volte camminare sul marciapiedi opposto, una fissità dello sguardo non velata da discrezione. Altri bambini, con fisionomia vagamente asiatica, tengono stretta stretta la mano della mamma, quando alla loro età tu vai già in giro da solo in Saltafoss. E ridi, abbai, li chiami “mongoloidi”.

Non credo sia per cattiveria, ma un handicappato deve apparire a un bambino come una caricatura dell’umano, un gioco insomma. Anche molti animali diventano esperimenti biologici: le lucertole a cui mozzare la coda con un sasso, i maggiolini mutilati delle ali. Anche quelli fanno ridere. Non ho mai visto un bambino abbracciare un cavallo frustato dal cocchiere, come fece Nietzsche in Piazza Carlo Alberto a Torino. I bambini abbracciano solo animali di sana e robusta costituzione.

Nel mio caso, posso così risalire al preciso momento in cui sono passato dall’infanzia all’età adulta. È stato quando ho visto la scena consueta – handicappato, bambino, mano, mamma – e invece di ridere mi è venuto da piangere. Da quella volta mi accade in ogni occasione, anche quando incrocio un cagnetto che saltella con un incedere che un tempo avrei trovato buffo, per via della zampa monca. A differenza dei loro simili non mi sono mai abituato.

1 commento:

  1. Se i cani non abbaiano più dopo che si sono abituati alla vista di un handicappato - io direi un diverso - è perché la conoscenza e quindi la familiarità non te lo fa più vedere tale. Evidentemente i cani, solo con il loro istinto, certe volte sanno essere molto più intelligenti dei loro piccoli padroni. Mi riporti alla memoria un caso simile legato alla mia adolescenza allorquando un ragazzo del mio paese - a causa di una grave malformazione congenita - portava in giro allegramente la sua disabilità. Probabilmente un cane gli avrebbe abbaiato la prima volta, chi non lo conosceva lo avrebbe osservato con curiosità, qualcuno senza conoscerlo lo avrebbe anche chiamato mongoloide. Per noi, invece, ragazzi del paese, la sua diversità non l’abbiamo mai avvertita. E non abbiamo mai riso di lui perché diverso da noi. Questo per dire che nei lineamenti familiari di una persona conosciuta non riusciamo più a identificare la sua malformazione. E il suo handicap sparisce.

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