Giochiamo al piccolo psicanalista. Intanto, ci vuole un sintomo, un lapsus; in mancanza di meglio va bene anche una parola a caso. Presidente, mettiamo.
La coniugazione femminile è come noto presidentessa,
oppure la presidente. Giorgia Meloni ha invece richiesto di essere chiamata il
Presidente del Consiglio della Repubblica italiana. Il piccolo psicanalista
dovrebbe a questo punto ricercare nella biografia di Giorgia Meloni un episodio
che ne tradisca l’omosessualità latente, oppure aspettative di un figlio
maschio da parte dei genitori, che verrebbero così tardivamente compensate.
Ma esiste anche un altro costrutto psichico che i
manuali di psicologia chiamano formazione reattiva. Detta in soldoni, prendi
una cosa che non ti piace e la ribalti di segno, anche se sei poco convinto (o
magari nemmeno ti poni il problema) della bontà del suo opposto, ti interessa
solo fare un dispetto. Se volete tirarvela un po’ potete chiamarla alla maniera
di Nietzsche: “malattia delle catene”.
Ma un dispetto a chi, di quali catene stiamo parlando?
Ad esempio di quelle, sintattiche, con cui Nichi
Vendola incatena le sue infinite subordinate, nel timore che nel parlare
semplice e chiaro qualcosa venga inteso. Lo sto ascoltando, ospite a una
trasmissione televisiva su La7, sciorinare tutti i luoghi comuni della sinistra
dei diritti: la famiglia queer, il transgender, essere uguali ma diversi,
resilienti e accoglienti…
Per carità, non che manchino delle ragioni nelle sue
parole. Ma mi immagino una che è cresciuta nei circoli missini della
Garbatella. Cosa fai, ti fai chiamare Presidentessa oppure – e questa sarebbe
la diagnosi del piccolo psicanalista che è in me – gli fai un dispetto?
Ma perché questa storia dei diritti, a sinistra, non
viene chiusa nel più semplice e sintetico dei modi: ognuno faccia il cazzo che
gli pare. O se vogliano alzare il livello linguistico, si porti in processione,
come il parroco di Sant Ilario, l’amor sacro e l’amor profano. Ma dopo un’ora
di Nichi Vendola che inanella parole vuote e roboanti, anche a me viene voglia
di farmi chiamare Vostra Maestà.
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