giovedì 20 luglio 2023

Branco



Pensavo che riguardasse solamente i personaggi pubblici, i cosiddetti influencer. Col tempo mi sono però accorto che è un atteggiamento più diffuso. Lo ricavo da quei commenti - a occhio il cinquanta per cento - che sui social tendono a compiacere l'autore, o per essere più precisi rinforzano la relazione illusoria che sentiamo di intrattenere con lui. La modalità consiste nella tecnica pokeristica del rilancio.

Non è dunque sufficiente un semplice complimento, bravo!, ma il testo viene ripreso in un rapporto di scala incrementato, come nell'eco che ci viene restituito dalle gole alpine: non una ma due, tre, quattro volte in più di ciò che abbiamo strillato... ato... ato... Con qualche esempio sarà più chiaro.

Tizio scrive grigio e Caio commenta nero, umido diviene diluvio, penombra notte, tiepido rovente. Ciò è visibile con particolare slancio gregario in ciò che potremmo chiamare il regime dell'ostilità. Ma facciamo un altro esempio.

Ho letto ieri mattina un post su Facebook, è scritto da una persona che definirei "normale"; il nome non mi comunica nulla, non ha migliaia di contatti, non è un capopolo, un Masaniello. Normale, appunto. Di seguito le parole testuali: "Non ho mai sorriso neanche per un secondo guardando una qualsiasi cosa di Totò." 

Mi aspettavo di leggere commenti perplessi, ma stai scherzando, Totò... sei sicuro di sentirti bene, in questi giorni ha fatto molto caldo - devo chiamare qualcuno? O meglio ancora nessun commento, non ti curar di loro ma guarda e passa.

Invece i commenti c'erano eccome, ed erano del tenore: Totò, un guitto, attorucolo da due soldi, meglio Gabriel Garko, io ogni volta che danno un film di Totò giro su un programma dove Capezzone insulta l'interlocutore, e così via.

Tutto ciò fa venire alla mente l'immagine del cagnetto che porge la zampa anche quando non viene richiesta, in un piacere della subalternità che evidentemente non appartiene solo al mondo animale. Essere più realisti del re è un'espressione che nasce ben prima dei social, e vale anche quando le corone sono cartapesta e lo scettro di Pongo.

Ma stare sotto non significa, di necessità, essere più miti, gentili. Al contrario, la gentilezza è una disposizione difficilmente replicabile in grassetto: cosa c'è più di una carezza? Uno schiaffo, forse. Ma non è lo stesso. Mentre più di uno schiaffo c'è un pugno.

Per questo si infiamma il branco andando contro qualcosa o qualcuno, più difficile e meno remunerativo, come suggeriva Calvino, cercare nell'inferno ciò che inferno non è. E dargli spazio. E farlo durare.

1 commento:

  1. Come ribadito su Facebook, al Tizio in questione ho sottolineato ricche perplessità circa la sua affermazione, ma ho notato anche io un certo allineamento "tattico", quasi a voler dimostrare che se uno sdogana e rompe la recinzione, allora c'è pronta la fila a sostenere l'azzardo..

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