giovedì 26 agosto 2021

Vedi alla voce comunità

Il 23 agosto 1793 uno dei membri più eruditi della Convenzione Nazionale, Lazare Carnot, pose le basi per la legge sulla coscrizione, riprendendo il principio del cittadino soldato espresso da Dubois-Crancé: tutti i cittadini non sposati, tra i 18 e i 25 anni di età, dovevano prestare servizio militare. Un provvedimento adottato sull'onda dello spirito rivoluzionario giacobino, attraverso cui i neo cittadini francesi avevano il privilegio – sì, ho scritto privilegio, non è un errore di battitura il privilegio di combattere ed eventualmente morire per la Patria, subentrando alle armate mercenarie di Luigi XVI. Un grande consenso popolare accolse il provvedimento.

Il 23 luglio del 2021, in Italia, viene approvata per decreto della Presidenza del Consiglio una misura chiamata Green Pass, che diviene effettiva a partire da un torrido 6 agosto, in cui in Sicilia si sfiorano i 50 gradi di temperatura e in Siberia arde un territorio grande come il Molise. Si chiedeva anche in quel testo di morire per la Patria?

Ehm, non proprio...

Allora ciò che si imponeva era la vaccinazione, già che in quel tempo era in corso una grave pandemia che aveva già causato nel mondo quasi cinque milioni di morti; secondo alcuni osservatori un numero che andrebbe moltiplicato per tre, se si contano anche le vittime connesse e non direttamente causate da un virus che fu chiamato Covid-19?

Macché.

Con Green Pass veniva definito un documento che certificava l'avvenuta vaccinazione (facoltativa, nonostante da decenni già fossero previste d'ufficio numerose vaccinazioni), oppure un recente tampone per verificare se si fosse stati contagiati. Esibito all’ingresso, serviva quale lasciapassare per un numero limitato, anzi limitatissimo di luoghi pubblici: bar, ristoranti, cinema, teatri, palestre e poco altro. La delibera fu accolta da buona parte della popolazione, oltre che da alcuni noti intellettuali e giuristi, come altamente lesiva delle libertà personali. Lo stigma che gli fu attribuito in chiassose manifestazioni e sui social network: dittatura politico sanitaria.

Credo che in tali condizioni si debba mettere mano ai dizionari, non possiamo continuare a chiamare allo stesso modo aggregati umani così distanti nello spirito, prima ancora che nel tempo. La storia, in questo caso, non siamo noi, come cantava Francesco De Gregori in una bellissima canzone, il significato del termine comunità va rivisto e corretto. O era una comunità la Francia rivoluzionaria, quella che sventolava il tricolore sulla Bastiglia accompagnando il gesto con le parole, gridate, LIBERTÈ, EGALITÈ, FRATERNITÈ, o è una comunità il pugno di mosche anarchiche che chiamiamo Occidente, dove si attuano simili e capricciose forme di ripulsa a qualsiasi timida richiesta da parte della collettività. Delle due l’una, altrimenti non ci capiamo più nulla.

Nel frattempo, suggerisco di ammainare le bandiere nazionali e, al loro posto, issare i vessilli delle squadre calcistiche locali, le uniche forme residue di appartenenza comunitaria.

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