giovedì 12 agosto 2021

La Taunus del signor Pittino


Nelle mattine invernali che seguivano un’intensa nevica notturna, i due palazzi, affiancati, al civico 10 e 8 e di via Parolo, si popolavano di sguardi dalle finestre e dai balconi. Erano puntati al cortile ancora coperto da un velo bianco e soffice e intonso, in attesa della Ford Taunus del signor Pittino. Chi non aveva ancora fatto colazione si affrettava, poi raggiungeva gli altri dopo avere indossato un indumento pesante.

Il signor Pittino era il padre di un mio amico, nel salutarli sotto la pensilina dove si trovava il bar della Pelosa, ci si andava solo in estate a prendere i ghiaccioli rossi, ciò che li differenziava era l'attributo nominale: signore, via il signore ed ecco il mio amico, il Pittino; tanto lungo e secco quanto il padre era espanso, ne sembrava la radiografia. Completavano la famiglia la Pittino, l'altra figlia con i capelli a caschetto e quei tre o quattro anni più di noi, a renderla desiderabile e misteriosa, e la moglie che si risolveva in quel vincolo benedetto dal parroco, o in alternativa nella funzione di madre. Madre dei Pittino, nessuno ha mai conosciuto i loro nomi di battesimo.

Intanto, qualcuno diceva di aver sentito rombare un motore nei garage. Il più delle volte si trattava di un'anticipazione illusoria, ma prima o poi compariva l'automobile con alla guida un omone serissimo, quasi corrucciato, che tentava di risalire le due rampe che separano dal cancello d'entrata, condiviso dagli edifici. Parallelepipedi un po’ anonimi, funzionali li si definiva per nobilitarli, sbocciati da un giorno con l’altro attraverso l’impollinazione del boom economico, e abitati da quella piccola borghesia per cui la parola futuro possedeva ancora un senso.

Due rampe solamente, dicevamo. Un'operazione semplice montando delle normalissime catene da neve, tutti gli altri condòmini lo facevano, o i più laboriosi e altruisti scendevano a spalare e poi spargevano il sale in grani, in un gesto identico alla semina di cui rappresenta il corrispettivo mutato di segno: generare la vita e cancellarne la possibilità, curiosamente la stessa figura. Una figura da cui veniva esonerato il signor Pittino, che forse considerava entrambi i gesti poco virili, le cose si ottengono in un agone senza dilazioni e strategie, muso a muso con gli intralci del fato. Uomo asburgico, dai baffetti rossicci e il riporto dello stesso colore, parlare non era il suo forte. Iniziava così lo spettacolo.

Arrivato a metà della prima rampa o, nei tentativi più fortunati, alla seconda o perfino al culmine, il veicolo cominciava a scivolare indietro piano piano, l'effetto di una pellicola cinematografica a cui venga invertita la rotazione delle bobine. Si diffondevano allora mormorii di disappunto, ma i più cinici non nascondevano un sorrisetto divertito. "Dai Pittino, la prossima volta ce la fai!" gli urlava il ragionier Flematti sporgendosi pericolosamente, e lui ripartiva sempre più paonazzo in viso.

Non ricordo se sia mai riuscito nell'impresa, solo il bicipite sinistro dell'uomo; per via di una ferita di guerra si era gonfiato a dismisura e somigliava alle braccia di Hulk. L'unica differenza è che non era verde ma leggermente brunito, lo stesso colore della sua Taunus TC1 XL – però quella era metallizzata, un optional ancora poco diffuso e distintivo – a intrattenere i miei inverni quando i calendari cominciavano con il prefisso dell'Azerbaigian, e alla radio comunicavano che era scoppiata una bomba da qualche parte lontana, confusa, ricordava lo schermo del televisore prima dell'inizio di Zorro alle 16 in punto. La vita vera era quel cortiletto imbiancato, come lo zucchero a velo sul pandoro.

3 commenti:

  1. Solo lo zucchero a velo sul pandoro, vale la lettura, gli amarcord, le Taunus e le Dophine che sognavo da piccolo..

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  2. Ogni cortile dei primi Settanta aveva una Taunus. Io in viale Milano vedevo quella dello Sciolini. Quello grande. Il Paolo. Ma forse era del signor Sciolini, il quale la prestava al maggiore dei suoi numerosi figliuoli.
    Luca

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