venerdì 18 marzo 2022

Lupus in fabula, o su Facebook e letteratura

Immaginiamo che questo scambio stia dentro un romanzo, e non sulla bacheca di una scrittrice pubblicata dal più importante editore italiano. La voce narrante che riporta i fatti, come Nick Carraway in The Great Gatsby, non sa se la scrittrice sia brava oppure no, non ha mai letto qualcosa di suo. O forse sì. Forse, come anticipato, è già tutto e solo letteratura.

Scrive la scrittrice: “Leggo un libro in cui l’autore (famoso e bravo) parla della compagna che ha partorito e che la prima notte in ospedale allatta la figlia. Lui osserva questa scena con gli occhi socchiusi e prova una perfetta serenità, tutto si compie. Ho pensato che quest’uomo non ha capito nulla di quel momento, della sua difficoltà e ambiguità, ma vuol fare lo stesso della letteratura. Scene di questo tipo sono frequenti nei romanzi, le scene strane e inutili ma in apparenza riuscite, piazzate lì per essere accettate automaticamente.

Le risponde, tra i commenti, una donna che chiameremo X, di lei non sappiamo nulla se non che è tra i contatti della scrittrice che pubblica per il più importante editore italiano: “Da donna che ha allattato posso dire di aver vissuto quel momento come perfezione e completezza. Non credo che l'esperienza possa essere unificata e codificata per tutte allo stesso modo. Può essere che quella serenità fosse reale e non letteraria.”

Ribatte la scrittrice: “La prima notte in ospedale non allatti quasi. Non entro nelle technicalities ma è un processo diverso, l’immagine del poppante comunemente inteso è cosa successiva. I bambini non mangiano in quel modo nelle prime ore.”

Donna X: “Vabbè, ma non è che la letteratura debba essere un trattato di ostetricia.”

Scrittrice: “Ma che c’entra l’ostetrica. È cogliere il senso della realtà e il suo significato.”

Donna X: “…”

Scrittrice: “Poi permettimi di dire che forse non ti poni seriamente il problema di cos’è letteratura, se fai commenti così banali. Del resto non scrivi e forse non ti importa quando leggi.”

Donna X: “No, non scrivo. Ci mancherebbe che tutti si mettessero a scrivere. Quanto a cosa sia la letteratura non so in che prospettiva lo vuoi intendere. Ma mi sembra un vasto programma.”

Scrittrice: “Se non vuoi dire letteratura diciamo allora pagina non inutile.”

Donna X: “Ci sono milioni di pagine inutili che hanno fatto bene all'anima, per divertimento, per sentimento, per fantasia, per orrore e forse non erano LETTERATURA. Ma non credo che tutte le pagine debbano essere utili per essere letteratura. Dipende da cosa scrivi, perché lo scrivi, chi lo legge, perché lo legge. Ma se c'è una pagina che non corrisponde al reale, che sfugge di mano all'autore, non mi sembra il caso di farne una tragedia, se non è abitudine alla cialtroneria.”

Scrittrice: “Credo che tu ti stia occupando di problemi che non conosci e che non ti sei mai posta, senza dunque avere le competenze o anche solo un reale interesse. Del resto è Facebook.”

Lo scambio finisce qui. È da un po’ di tempo che ci sto pensando: ai suoi contenuti, ma soprattutto ai toni. E al perché mi appare letteratura, ossia, per dirla con le parole della scrittrice che pubblica per il più importante editore italiano, “pagina non inutile”, dove si distilla l’umano in forma essenziale, per quanto limitata.

Lo ricavo dal fatto che l’essenza, per definizione, può essere convertita in immagini primordiali, ad esempio quella di una femmina di lupo Alfa che viene sfiorata da una femmina Beta.

La femmina Beta non è ostile, non intende sfidare il primato di Alfa sul suo terreno – la letteratura –, ma come spesso avviene sui social vorrebbe un semplice riconoscimento, che cerca di estorcere attraverso una testimonianza personale: quando è nato mio figlio a me è andata così, e magari è andata allo stesso modo anche per quel tuo collega scrittore. Il fatto stesso che Alfa le dia udienza è per lei motivo di gratificazione.

Alfa però è spietata – “credo che tu ti stia occupando di problemi che non conosci e che non ti sei mai posta” – e l’umiliazione di Beta prende, sulle prime, forma di un resistenza abbozzata; quindi si sdraia supina al suolo mostrando inerme la giugulare. Alfa ha vinto. Ma non poteva essere diversamente quando, sulla copertina di un libro, il più importante editore italiano stampa il nome che ti faceva alzare la mano con slancio, se a pronunciarlo era la maestra durante l’appello. E ora fa risplendere i tuoi canini.

Ma torniamo al giovane padre, è ancora lì imbambolato a osservare la moglie allattare, e lo trova un momento di perfetta serenitàtutto si compie. Ciò che gli sfugge è il risvolto occulto di questo quadretto irenico. Lo ritroviamo, finalmente in superficie come lo sbuffo di un geyser, nello scontro tra Alfa e Beta. Secondo categorie antropologiche un po’ semplificate, potremmo pensarlo come lato ferino del femminile, o, risalendo ancora più indietro nella catena evolutiva, rettiliano; Lacan parla di madre coccodrillo, che vorrebbe ingoiare i suoi cuccioli. Ma pure il suo maschio, le sue lettrici, tutti.

Il giovane padre però guarda e non vede, forse perché ha gli occhi socchiusi, vede solo quel che vuole vedere. E ciò che vede, nella sua gioia pura quanto ingenua, è la Madonna con bambino, è il cerchio che Giotto imprime senza sbavature sul foglio destinato a Bonifacio VIII; una geometria aliena alla vita, e alla letteratura che dovrebbe fargli da specchio.

Ha dunque ragione la scrittrice che pubblica per il più importante editore italiano, quando conclude: “del resto è Facebook…” Uno dei pochi luoghi dove ancora incontrare la vita allo stato selvaggio, quel che ne rimane almeno, ma anche la letteratura. Prima sbranare tutto ciò che ti capita a tiro.

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