Su Facebook leggo spesso di maschi che utilizzano questo mezzo per
rimorchiare. Lo leggo in post femminili, ovviamente. Post sarcastici che
reclamano solidarietà per i maldestri approcci subiti. A volte vengono aggiunti
gli screenshot dei messaggi ricevuti in privato – lo fa di continuo anche Selvaggia
Lucarelli, quindi deve rappresentare una sorta di trend –, dove il maschio in
questione spara un po' goffamente le sue cartucce (goffamente è avverbio che,
nella circostanza, rimanda alla figura retorica dell’eufemismo, quando sarebbe
forse più preciso parlare di comicità, se non di pornografia).
Preso atto dei limiti maschili – e quelli nella comunicazione sono dati per
certi –, mi viene il sospetto che i galletti da tastiera contengano una residua
radice di umanità, e cioè di realismo, di specifica idea di bene (bene
personale, sia chiaro, o se si preferisce utile) che a noialtri estensori
di pensieri astratti è venuta progressivamente meno. Anche le donne che pubblicano selfie sul
bagnasciuga, la coscia, già lunga, slungata dall'effetto grandangolo, il
sorrisetto malizioso, non di rado sono le stesse che lamentano le incursioni
seduttive, anche loro non lo fanno con desiderio incarnato, ma è un modo
come un altro per incassare un consenso destinato a rimanere potenziale,
rarefatto.
In Francia esiste una bella espressione: allumeuse,
accenditrici. Ecco, mi sembra che i più, tra cui mi includo, sui social
continuino a sfregare uno zolfanello sulla propria minima porzione di mondo,
nella speranza di generare la combustione del solfuro di fosforo e del
clorato di potassio. Da qui la possibilità di raggiungere l'evidenza e, per
sinestesia, il più concreto dei sensi costituito dal tatto, nella forma di una
leggera carezza. Magari quella di un padre che ti dice vai bene così, sei
bella, sei fico, e poi tanto ma davvero tanto intelligente. O più nel
profondo: esisti, anche se devi continuamente rimarcarlo, la fiamma
di fiammifero dura per definizione pochi secondi, in cui gli altri (forse) si
accorgono di te. Mentre chi prova a esistere davvero – e quale migliore
modo di esistere che scopare, premere la maniglia della porticina di servizio del Truman
Show, per ritrovarsi sbalzati nella vischiosità del reale – viene trattato come
ingenuo o molesto, un cascame del mondo prima che si trasformasse in
rappresentazione.
Se dunque una donna ma anche un uomo, un barboncino, un criceto e insomma
una creatura viva, volesse uscire con me una sera per berci un Vodkatiny o una
cedrata Tassoni, io sono qui. No, non ci sto provando, non l'ho mai fatto sui
social. Ma non sto nemmeno scartando l'eventualità che due labbra possano
accostarsi, e un cazzo offrirsi in modi diversi da una fotografia su Messanger.
Sempre inquadrato da sotto, per sembrare più grande, sempre sembrare qualcosa nello
specchio d'Occidente.
Ps – Ovviamente non mi sfugge che in questo momento è in corso una guerra.
E ho scritto ciò che ho scritto proprio perché, in Europa, a poche centinaia di
chilometri dalla scrivania dove sto scrivendo, è in corso una guerra. La
relazione tra le due cose – guerra e contenuto del
post – la consegno al lettore come esercizio enigmistico. Però
aggiungo un aiutino: dopo due anni di pandemia e almeno venti di lobotomia
telematica, davvero ci voleva una guerra per ricordarci che esiste un fuori...
Immagino di personaggi che senza nemmeno un like per svariati, ammiccanti, post potrebbero contemplare la possibilità di un esodo anche in regioni confinanti l'Ukraina.
RispondiEliminaSe adombri un po' di "pilu", come dice Certo La Qualunque, i like arrivano in automatico. L'alternativa è scegliere un nemico - che so i vaccini, o i no vax, è uguale - e poi scaricargli addosso tutta l'artiglieria.
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