giovedì 15 novembre 2018

Buongiorno, buonasera, o sui mattoncini Lego con cui si costruiscono le civiltà

Purtroppo esistono i luoghi comuni. E purtroppo, talvolta, i luoghi comuni si dimostrano veri. Accade quando l’oggetto del discorso coinvolge temi di interesse, per l’appunto, comune, che semplificando possiamo chiamare civili: modi e forme in cui la nostra specie ha saputo integrare il proprio vitale egoismo, “barattando parte della felicità per un po’ di sicurezza”.
Questo, almeno, è quanto pensava Freud, ma esiste anche la versione di Benjamin Franklin, dove a essere barattata è piuttosto la libertà. Nella sostanza cambia comunque poco: meno io e più noi, con una certa discrezionalità sulle percentuali dello scambio.
Esiste un collaudo piuttosto semplice per verificare se la transazione stia dando buoni frutti. Addirittura una contabilità, da iscrivere nel libro mastro dei profitti e delle perdite. Metteremo allora una X quando qualcuno si mostra gentile e riconoscente, basta un cenno del capo, uno sguardo, un niente del corpo che dia conto dell'intenzione. Le occasioni sono quelle solite.
Il concedere il passo in un frangente automobilistico dalle regole incerte, ad esempio, oppure a un pedone la cui precedenza non sia prevista dalle norme stradali. Lui si gira verso di noi semplicemente dicendo: grazie. Lo stesso, una bella X, quando un estraneo si comporta con uguale attenzione nei nostri confronti, apre la porta invitandoci a entrare per primi, accompagnando il tutto con un sorriso, o un gesto cordiale e non ruffiano di pura gratuità. Nei casi di interazione mancata o aggressiva, invece una pallina nera.
Un collaudo che io ho fatto per davvero, la mia agenda è piena di X e pallini. E posso assicurare che ci sono differenze enormi tra le diverse comunità, e non solo tra tipi umani. Quelli col suv, è forse pleonastico ricordalo, si prendono infatti anche ciò che non gli spetta, con le lancette del Rolex come dardi scagliati verso i peones in utilitaria. E suggerisco al riguardo il buon vecchio metodo del cacciavite, con cui accarezzare la fiancata lustra della Range Rover parcheggiata in seconda fila; ma mi raccomando solo all’imbrunire, a confondere i contorni del graffio… 
In ogni caso, in molte circostanze i barbari siamo noi, ma in altre sono certamente loro o meglio alcuni di loro: sotto comunità particolari, gruppi etnici, minime tribù sociali, con cui la convivenza si mostra sempre più difficile. E volutamente utilizzo gli odiosi pronomi personali “loro” e “noi”, a sottolineare il divaricarsi del processo di integrazione, che non c'entra davvero nulla con una malintesa idea di razza.
Ad esempio nessuna donna araba – e dico nessuna in senso letterale, non traslato – offrirà mai un segno di riconoscimento a chi si mostri disponibile nei suoi riguardi, e ciò per ragioni che esulano totalmente dal proprio animo. Non stiamo insomma parlando di buoni e di cattivi, ma di culture convergenti e divergenti. 
Per tale ragione non sono minimamente interessato a chi sia meglio di chi altro, ma agli effetti del baratto di cui sopra, per capire se a fronte di quel che perdo io stia effettivamente guadagnando altrettanto in termini di armonia sociale e sicurezza. Ma anche di bellezza, per quanto sia un po' retorico a dirsi.
La mia risposta alla conclusione del collaudo, contando i segni impressi, è no. No di certo, la bilancia pende pericolosamente dal lato dei pallini, pochissime le X, sono saltati gli equilibri tra le persone. E non è, di nuovo, un no di matrice razzista o come si dice ora sovranista – “ognuno a casa propria!" –, ma l’invito a ripensare lo stare assieme dei popoli, a partire delle politiche sociali.
La prima tra queste dovrebbe essere l’immediato ripristino, a tutti i livelli scolari, di ciò che ai tempi delle mie scuole medie veniva chiamata educazione civica. Ma non un’oretta stiracchiata da fare ogni tanto e facoltativamente, come avveniva quando ero ragazzino. Piuttosto tre, quattro, massì abbondiamo: cinque ore a settimana e per tutti! Finché nella zucca di ogni futuro cittadino italiano (compreso gli italiani-italiani, che sono non di rado i più cafoni) non entri l’automatismo che a un buon giorno si risponde con buon giorno a Lei, grazie.
Cose così, semplice galateo si dirà. Sì, semplice galateo. La convivenza civile è infatti come un grande Lego, il cui primo mattoncino è costituito dal galateo, ossia dalla formalità dei gesti prima ancora che dalla purezza del cuore. Tutto il resto viene di conseguenza, quando viene. E quando non viene non starà a noi occuparcene, già che risiede in quel residuo di liberà che la contrattualità sociale ancora prevede.
Tra le pareti di casa si potrà dunque continuare a ruttare, a scoreggiare, persino a prendere a schiaffoni (non troppo forti) la propria moglie. E però a condizione che lei sia compiacente e quasi fiera – cosa più frequente di quanto si creda; “se mi mena vuol dire che mi ama” pensano ancora certe donne...
Ma per quel sano egoismo che ci ha portato a barattare un po’ della nostra libertà e molta, forse troppa felicità, tenderemo in questi casi a girare canale col telecomando. Già che l'Occidente è anche questo: un grande televisore dove c'è posto per ogni show, purché vengano rispettati i tempi e gli spazi della pubblicità.

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